I neolaureati milanesi hanno ottime opportunità per trovare un posto di lavoro. Stando alcune ricerche compiute dai principali sindacati, infatti, solamente il 7,3 per cento dei neolaureati appartenenti alla classe tra i 25 e i 34 anni, a Milano, è disoccupato. Una percentuale che scende al 6,7 per cento se si considera tutta la Lombardia, “isola felice” se si tiene conto che la percentuale sale al 12 per cento in tutto il territorio nazionale.
A pubblicare i dati di cui sopra è stata la Assolombarda, associazione che ha curato il rapporto “Il Lavoro a Milano”, realizzato in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil.
Secondo quanto affermato dal presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, “maggiore preparazione tecnica, più impegno nell’alternanza scuola – lavoro, internazionalizzazione, sono le tre vie maestre da seguire. Il sistema ha delle criticità innegabili, ma i risultati premiano il modello milanese e lombardo e ci danno indicazioni di fiducia per il futuro: le imprese non demordono, hanno sempre più bisogno di giovani con professionalità adeguate”.
Complessivamente, secondo quanto afferma l’indagine, nel corso del 2012 la disoccupazione avrebbe ripreso a salire, anche per il ritorno alla ricerca attiva di un posto di lavoro da parte di coloro che avevano perso le speranze fino a pochi mesi fa.
Ad ogni modo, i dati forniti da Assolombarda confermano che a soffrire maggiormente gli effetti della crisi sono le donne e i giovani. Estendendo il novero delle analisi, l’associazione ricorda che alla fine del 2012 il tasso di disoccupazione a Milano ha raggiunto il 7,8 per cento, contro il 10,7 per cento della media nazionale.
“In questi anni non siamo stati spettatori passivi dell’evoluzione in corso” – affermavano invece Gian Francesco Imperiali, consigliere in caricato di Assolombarda per le relazioni industriali, Graziano Gorla, Danilo Galvagni e Valter Galbusera, segretari generali di Cgil, Cisl, Uil di Milano – “abbiamo lavorato sull’apprendistato, con iniziative sulla certificazione delle competenze che potrebbero diventare modello nazionale”.