La Finanziaria 2010, Legge 191/2009, ha prorogato per tutto l’anno 2010 la normativa prevista agli art. 4 e 5 della legge 2/2009.
In sostanza il salario di rendimento e produttività nel settore privato per i redditi da lavoro dipendente fino a 35.000 euro riferiti all’anno 2009, con un limite massimo di 6 mila euro, si applica la tassazione al 10%.
Resta inteso che oltre alla soglia massima si applicano le aliquote normalmente previste.
Nel computo devono rientrare redditi solo di lavoro dipendenti escludendo quelli derivanti da qualsiasi forma di lavoro autonomo (ad esempio, collaborazioni coordinate e continuative, associazioni in partecipazione, prestazioni ex art. 2222 codice civile, e così via).
Infatti con il comma 156 è stata prorogata a tutto il 2010 l’operatività della disposizione e di conseguenza trovano piena applicazioni le circolari dell’Agenzia delle Entrate, n. 49 del 2008, e del Ministero del Lavoro, n. 59 dello stesso anno.
La norma originaria, legge 123/2008, è da intendersi in senso ampio. Gli elementi da considerare sono quelli orientati agli incrementi di produttività, all’innovazione ed efficienza organizzativa.
Per questa ragione si comprendono i premi di rendimento, la flessibilità oraria, le maggiorazioni corrisposte per il ciclo continuo o per l’istituto della “banca delle ore”, la reperibilità e le indennità di turno purché legati alla produttività ed alla redditività dell’azienda.
Non devono essere considerati i cosiddetti “superminimi individuali” in quanto rientrano nel patrimonio esclusivo del lavoratore.
Non solo, secondo la circolare n. 59 possono essere considerati i compensi erogati per R.O.L. (riduzioni orario di lavoro), per periodi di ferie e permessi non fruiti nei limiti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Non è possibile considerare i cosiddetti “incentivi all’esodo” o quelli che mirano alle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro.
Questi istituti, infatti, non soddisfano il requisito di incremento della produttività.
Nel calcolo, secondo l’Agenzia delle Entrate, rientrano anche i redditi da lavoro dipendente svolti all’estero.
Infine, ricordiamo che il Legislatore ha introdotto un contributo unificato nei giudizi nelle controversie in materia di lavoro presso la Corte di Cassazione.
La Finanziaria 2010, Legge 191/2009, ha prorogato per tutto l’anno 2010 la normativa prevista agli art. 4 e 5 della legge n.2/09. In sostanza il salario di rendimento e produttività nel settore privato per i redditi da lavoro dipendente fino a 35.000 euro riferiti all’anno 2009, fino ad un limite massimo di 6 mila euro, si applica la tassazione al 10 %. Resta inteso che oltre alla soglia massima si applicano le aliquote normalmente previste.
Nel computo devono rientrare redditi solo di lavoro dipendenti escludendo quelli derivanti da qualsiasi forma di lavoro autonomo (ad esempio, collaborazioni coordinate e continuative, associazioni in partecipazione, prestazioni ex art. 2222 c.c., e così via).
Infatti con il comma 156 è stata prorogata a tutto il 2010 l’operatività della disposizione e di conseguenza trovano piena applicazioni le circolari dell’Agenzie delle Entrate, n. 49 del 2008, e del Ministero del Lavoro, n. 59 sempre del 2008.
La norma originaria, legge 123/2008, è da intendersi in senso ampio. Gli elementi da considerare sono quelli orientati agli incrementi di produttività e all’innovazione ed efficienza organizzativa. Per questa ragione si comprendono i premi di rendimento, la flessibilità oraria, le maggiorazioni corrisposte per il ciclo continuo o per l’istituto della “banca delle ore”, la reperibilità e le indennità di turno purché legati alla produttività ed alla redditività dell’azienda.
Non devono essere considerati i cosiddetti “superminimi individuali” in quanto rientrano nel patrimonio esclusivo del lavoratore.
Non solo, secondo la circolare n. 59 possono essere considerati i compensi erogati per R.O.L. residui o per periodi di ferie e permessi non fruiti nei limiti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Non è possibile considerare i cosiddetti “incentivi all’esodo” o quelli che mirano alle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro. Questi istituti, infatti, non soddisfano il requisito di incremento della produttività.
Nel calcolo, secondo l’Agenzia delle Entrate, rientrano anche i redditi da lavoro dipendente svolti all’estero.