La Cgil ha proclamato per il prossimo 12 marzo 2010 uno sciopero generale. Questo dopo che circa tre settimane fa il più grande Sindacato italiano ha inviato al Governo una lettera con delle proposte finalizzate a sostenere i lavoratori dipendenti ed i pensionati attraverso l’erogazione di bonus, detrazioni Irpef ed abbattimento strutturale della pressione fiscale. Secondo quanto dichiarato dal Segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, quello proclamato non è uno sciopero preventivo, ma una vera e propria vertenza visto che a fronte di tante promesse ci sono stati altrettanti rinvii da parte del Governo. Lo sciopero della Cgil non è unitario, dato che la Uil e la Cisl non hanno fino ad ora preso una simile decisione sebbene la loro posizione rimanga critica nei confronti delle politiche adottate dal Governo. La Cgil, d’altro canto, denuncia come lo scorso anno, a carico dei redditi fissi, il prelievo fiscale sia aumentato dell’1%, ragion per cui, come sottolineato proprio da Guglielmo Epifani, se si continua a temporeggiare alla fine si restituirà ai lavoratori ciò che nel frattempo il Fisco avrà già preso.
In merito, il Segretario generale della Cgil ha sottolineato come il Sindacato non abbia ancora ricevuto alcuna riposta dalla lettera inviata al Governo con le proposte a favore dei lavoratori e dei pensionati, e come lo sciopero del 12 marzo 2010 potrà essere revocato se l’Esecutivo verrà incontro alle richieste della Cgil. Guglielmo Epifani ha altresì replicato alle recenti dichiarazioni del Ministro Tremonti, il quale ha sottolineato come tagliando le tasse in questo momento si darebbe avvio ad una vera e propria “macelleria sociale” visto che si dovrebbe per compensazione andare a tagliare spese statali primarie come quelle relative alla sanità.
La Cgil non la pensa allo stesso modo, visto che secondo Guglielmo Epifani le tasse a favore dei lavoratori e dei pensionati si possono ridurre spostando il prelievo verso altri ambiti, a partire dall’inasprimento della tassazione sui grandi patrimoni e passando per l’innalzamento dell’aliquota sulle rendite finanziarie dal 12,5% al 20%. D’altronde, anche al 20% la tassazione sui capitali sarebbe ancora inferiore alla prima aliquota Irpef al 23%, ovverosia quella che paga in Italia quasi la metà dei contribuenti.