Nel nostro Paese la disoccupazione a causa della pessima congiuntura è cresciuta e sembra destinata a crescere ancora per alcuni mesi, ma senza l’apporto dei lavoratori stranieri, comunitari ed extracomunitari, i dati sarebbero probabilmente ben peggiori. Lo scorso anno, infatti, le imprese individuali con titolare avente nazionalità straniera sono cresciute del 6,79%, attestandosi a quota 309 mila, e sono così suddivise: il 23% di titolari d’impresa individuale comunitari, ed il 77% di titolari/cittadini extracomunitari. I dati emergono da un Rapporto di Unioncamere che, tra l’altro, ha messo in evidenza come nel primo semestre di quest’anno l’imprenditoria straniera, ed in particolare quella con titolare extracomunitario, abbia fatto registrare un saldo positivo pari a quasi 6.500 imprese.
Delle 309 mila imprese individuali che si contano nel 2008, oltre una su cinque, il 21% per l’esattezza, vede come titolare una donna; per quanto riguarda l’età sette imprenditori stranieri su dieci hanno dai 30 ai 49 anni, solo il 16% ha oltre 50 anni, mentre il 14% è titolare di impresa con un’età inferiore ai 30 anni. Con una percentuale del 43,4%, è il settore del commercio quello dove l’imprenditore con nazionalità straniera opera con più frequenza, ed a seguire c’è il settore delle costruzioni, con una percentuale del 27,4%, e più staccato il manifatturiero con l’11,9%.
Ma il dato più interessante, e per certi versi preoccupante, anche in materia di evasione fiscale, è quello relativo al rapporto che l’imprenditore con nazionalità straniera ha con le banche: un imprenditore immigrato su quattro, in base alle rilevazioni di Unioncamere, non ha rapporti con gli istituti di credito, e tra questi i più restii a varcare la soglia di una banca sono gli africani ed i cinesi.
Oltre il 25% degli imprenditori immigrati non ha un conto corrente, e preferisce accedere al credito o tramite l’autofinanziamento, oppure rivolgendosi a parenti ed amici; ma questo è anche il risultato derivante dal fatto che un quarto degli imprenditori immigrati che, invece, hanno rapporti con le banche, non riesce ad accedere ai prestiti. Le banche, infatti, tendono a vedere come più rischiose le attività imprenditoriali gestite da titolari stranieri, con la conseguenza che si mette un freno sia all’inclusione finanziaria, sia, indirettamente, alla piena integrazione dei cittadini comunitari ed extracomunitari sul territorio.
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