A quali condizioni in Italia le donne sono disposte a lavorare? Ebbene, la risposta al riguardo ce la può fornire l’Isfol in base ad un’indagine da cui è emerso come una donna bisognosa di conciliare il lavoro con la famiglia punti in prevalenza su un’occupazione part time, ovverosia con orario ridotto e comunque flessibile. Le pretese economiche, a fronte di venticinque ore settimanali di lavoro, spaziano dai 500 ai 1.000 euro mensili e comunque tali da superare le spese che ci si trova ad affrontare per affidare a terzi la cura della famiglia. L’indagine dell’Isfol, dal titolo “Perché non lavori?“, mette in evidenza come la donna in Italia sia letteralmente in bilico tra famiglia e lavoro, e come la presenza o meno di servizi pubblici incida sull’attività o sull’inattività delle donne sul territorio.
Una donna in Italia, infatti, ha più possibilità di trovare un’occupazione, magari proprio part time, non solo in funzione del territorio in cui vive, ma anche in base al suo livello di istruzione; a questo poi bisogna aggiungere la qualità dei servizi pubblici per anziani e bambini che permettano di ridurre il peso dei lavori domestici e, quindi, di poter avere spazio per i tempi lavorativi. Inoltre, a causa della crisi che ha fatto diminuire i redditi dell’occupazione maschile, la donna rispetto agli anni scorsi ha contestualmente aumentato il proprio impegno nelle attività di cura non retribuite e nel lavoro domestico con l’obiettivo, in qualche modo, di poter compensare le minori entrate familiari.
Nel complesso, quindi, sono tre i fattori che incidono sul tasso di partecipazione delle donne nel mondo del lavoro: la divisione dei compiti in famiglia, il modello di welfare presente sul territorio e, in ultimo, ma non meno importante, l’organizzazione del lavoro che, purtroppo, molto spesso in Italia è rigida in materia sia di orari, sia di adozione di politiche di conciliazione tra occupazione e famiglia.