Alla faccia di chi ritiene che i giovani italiani siano “choosy”, o schizzinosi nella scelta del proprio primo lavoro, arrivano i risultati della ricerca “Il futuro delle nuove generazioni in Italia”, promossa dallo Ial nazionale (Innovazione apprendimento lavoro) in sinergia con la Cisl, e realizzata dall’Istituto di ricerche Demopolis su un campione di 3.600 giovani tra i 18 e i 34 anni. La fotografia che esce fuori dall’osservazione è certamente positiva, rivelando come gli italiani – soprattutto le generazioni più giovani – di buon grado accettino di adattarsi alle difficoltà del mercato.
Di fatti, riporta la ricerca, il 71 per cento degli intervistati afferma che oggi è preferibile fare qualsiasi lavoro, anche non interessante, purché retribuito. “Proprio quest’ultimo” – afferma il quotidiano Italia Oggi, che si è occupato dell’analisi – “è il discrimine tra la maggioranza degli under 35, mentre solo il 20% ritiene preferibile attendere per trovare un lavoro che rispecchi le proprie aspirazioni. Per i giovani l’occupazione è una priorità di vita, anche più della famiglia, con trend in crescita in tempi di crisi: tra gli under 35 è infatti passato dal 75% del 2007 al 91% del 2012, superando tra le cose importanti della vita il primato duraturo della variabile famiglia (90%). La disillusione la fa da padrone quanto alle prospettive di carriera: per il 78%degli under 35 anni, la chiave per aprire le porte del lavoro è la raccomandazione, mentre il 53% crede nel destino. Il curriculum e le abilità personali sono riconosciute da poco meno della metà degli intervistati: serve preparazione (49%), motivazione e spirito di iniziativa (48%). Per il 41% conta l’appoggio politico, per il 23% l’aspetto fisico, solo per il 32% il lavorare con impegno” (vedi anche alcuni corsi per giovani disoccupati e inoccupati).
Di simili conclusioni quelle giunte con il Rapporto Giovani curato per l’Istituto Toniolo da Ipsos e un gruppo di docenti dell’Università Cattolica, secondo cui i giovani tra i 18 e i 29 anni (il campione era formato da 9 mila persone) “non restano con le mani in mano. Più del 45% di chi lavora non è soddisfatto della propria occupazione, ma si adegua accettando stipendi più bassi rispetto a quanto considerato adeguato e si adatta a occupazioni che non rispondono alle proprie aspettative e non coerenti con il titolo di studio (47%)” – conclude il quotidiano.
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