Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso la sua Direzione generale per l’Attività Ispettiva ha risposto ad un interpello chiesto dalla FIT-CISL e la FAST in merito alla corretta interpretazione dell’art. 8, commi 6 e 7, L. n. 223/1991, concernente la possibilità di svolgere attività di lavoro subordinato per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, ovvero si chiede quale sia la disciplina applicabile qualora il lavoratore si trasferisca o espleti attività lavorativa all’estero durante il periodo di fruizione della relativa indennità.
La Direzione generale per le Politiche Attive e Passive per il lavoro e dell’INPS ha risposto attraverso l’interpello avente come oggetto “art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – compatibilità dell’iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori del settore aereo con attività lavorativa a tempo determinato svolta all’estero”, ricorda che l’articolo 8 chiarisce che
il lavoratore in mobilità ha la facoltà di svolgere attività di lavoro subordinato a tempo parziale, ovvero a tempo determinato, mantenendo l’iscrizione nella lista
a patto che ne derivi una sospensione dell’indennità per le giornate di lavoro svolto, nonché per quelle afferenti ai periodi di prova di cui all’art. 9, comma 6, della medesima Legge.
Questo vuol dire che l’indennità che spetta al lavoratore è sospesa sia nell’ipotesi in cui il lavoratore, iscritto nella lista di mobilità, venga assunto con contratto di lavoro part time o con contratto a termine, sia qualora venga assunto con contratto a tempo pieno e indeterminato ma senza superare il relativo periodo di prova.
La risposta dell’interpello del Ministero chiarisce che si tratta di una mera sospensione dell’erogazione del trattamento di mobilità e non invece di decadenza dal beneficio stesso: il lavoratore conserva il diritto a rimanere iscritto nella lista in questione.
Il Ministero precisa che la disciplina concernente la rioccupazione di lavoratori beneficiari della mobilità presso un Paese UE il diritto alle prestazioni e al trattamento di cui sopra viene mantenuto secondo quanto stabilito dall’art. 64, regolamento CE n. 883/2004, ovvero
per un periodo di tre mesi, a decorrere dalla data in cui il disoccupato ha cessato di essere a disposizione degli uffici del lavoro dello Stato membro che ha lasciato, purché la durata totale dell’erogazione delle prestazioni non superi la durata complessiva del periodo in cui ha diritto alle prestazioni a norma della legislazione di tale Stato membro; gli uffici o le istituzioni competenti possono prorogare il periodo di tre mesi fino ad un massimo di sei mesi