Il “pezzo di carta” basta per poter trovare un lavoro dopo aver sostenuto il colloquio, e dopo aver superato la selezione per entrare nei ranghi di un’azienda? Ebbene, la risposta è negativa; il titolo di studio, infatti, è necessario ma non sufficiente in Italia per poter essere assunto e per poter iniziare a “spendere” le proprie competenze all’interno di un’azienda. Questa situazione viene ben messa in evidenza da un’indagine effettuata nel mondo imprenditoriale dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro: per i neo-assunti, nel rapporto di sette ogni dieci, infatti, serve una formazione aggiuntiva cui l’impresa fa fronte in due modi.
Ci sono i casi, infatti, in cui l’impresa per la formazione “continua” dei neo-assunti si avvale sia di periodi di affiancamento “on the job“, sia di corsi organizzati all’interno dell’azienda; mentre in altri casi l’impresa, al fine di affinare la formazione delle proprie risorse umane, si avvale di corsi esterni. Dall’indagine di Unioncamere, in particolare, emerge che addirittura per l’82% dei laureati scatta la cosiddetta “formazione post entry”, mentre la percentuale scende al 75,7% per i diplomati.
E per particolari figure richieste dalle imprese, il bisogno di “formazione post entry” diventa quasi un passo obbligato; ad esempio, per l’anno in corso emerge come i neo-assunti per la posizione di “Statistico” siano oggetto di “formazione post entry” nel 94% dei casi; a seguire ci sono i neo-assunti che sono laureati in ingegneria civile e ambientale, per i quali nel 92% dei casi il “pezzo di carta” non è sufficiente per potersi sedere sul posto di lavoro ed iniziare a “vivere” in azienda. Una percentuale molto alta per la “formazione post entry“, con l’89%, si registra anche per i laureati in ingegneria industriale, mentre tra i diplomati, con una percentuale dell’87%, non basta il “pezzo di carta”, ma ci vuole la formazione aggiuntiva, per coloro che hanno preso il diploma ad indirizzo termoidraulico, chimico, agrario ed alimentare.
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