Proseguiamo il nostro viaggio nella flessibilità in uscita – così come modificata dalla riforma Fornero – con i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, o licenziamenti “oggettivi o economici”. Si tratta, in evidenza, di una fattispecie significativamente differente a quella vista poco fa, relativa ai licenziamenti individuali, e che riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro effettuate a causa di difficoltà economiche aziendali.
Anche in questo caso, la disciplina muta sostanzialmente per le imprese di maggiori dimensioni (quelle con più di 15 dipendenti), rimanendo invece sostanzialmente invarata nei confronti delle imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permane l’attuale forma di tutela: il giudice potrà infatti disporre un risarcimento in capo al lavoratore, compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.
Per quanto invece concerne le imprese con più di 15 dipendenti, oggi il giudice poteva disporre la reintegrazione in servizio e il risarcimento del danno, conferendo inoltre al lavoratore la possibilità di sostituire la reintegrazione in servizio con una indennità sostitutiva.
Con la riforma, vengono introdotte tre sottospecie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo: a) il licenziamento non giustificato, per il quale il giudice potrà disporre unicamente l’indennità risarcitoria compresa tra le 12 e le 24 mensilità; b) il licenziamento con manifesta infondatezza del motivo economico addotto dal datore di lavoro, con il quale potrà – come oggi accade – essere disposto il reintegro nel servizio (o una indennità sostitutiva, ma solo a scelta del lavoratore) e il risarcimento del danno; c) il motivo disciplinare o discriminatorio, per il quale si applicherà la fattispecie che esamineremo tra poche ore.
Come sopra anticipato, nulla varia per le imprese di piccole dimensioni, le cui tutele erano state già in partenza differenziate rispetto a quelle relative alle aziende con più di 15 dipendenti (rimane, pertanto, esclusivamente il diritto a un risarcimento danni).