Vediamo oggi come cambia la flessibilità in uscita con la nuova riforma del lavoro voluta dal ministro del welfare Elsa Fornero. Cominciamo questo nostro viaggio dai licenziamenti privi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, inquadrati dalla revisione del mercato del lavoro come “licenziamenti soggettivi o disciplinari”. Cerchiamo di capire come funzionava oggi la disciplina dei licenziamenti individuali senza giusta causa, e cosa cambia con la riforma, per le imprese con più di 15 dipendenti e meno di 15 dipendenti.
Partiamo le imprese di maggiori dimensioni, per le quali è possibile riscontrare le maggiori variazioni rispetto alla normativa vigente. Per tali imprese (con più di 15 dipendenti), infatti, fino ad oggi era prevista la reintegrazione in servizio (o indennità sostitutiva, a scelta del lavoratore) e conseguente risarcimento del danno.
Con la riforma, le imprese di dimensioni maggiori vedono cambiare radicalmente il proprio approccio nei confronti dei licenziamenti privi di giusta causa e di quelli privi di giustificato motivo soggettivo.
Nei casi di grave illegittimità commessa dal lavoro, sostanzialmente, lo scenario rimane invariato: il giudice stabilirà la reintegrazione in servizio e il risarcimento del danno. Spetterà al lavoratore scegliere se sostituire la reintegrazione in servizio con l’erogazione di una indennità sostitutiva.
I grandi cambiamenti sono tuttavia riconducibili alle ipotesi di minore gravità: in questo caso, infatti, il giudice non stabilirà il reintegro del lavoratore in azienda, bensì la condanna al pagamento di una indennità compresa tra le 12 e le 24 mensilità.
E per le imprese con meno di 15 dipendenti? Per loro cambia veramente poco, visto e considerato che la tutela di cui all’art. 18 era già lesa in partenza. Pertanto, anche con la riforma rimangono invariate le tutele di oggi, che prevedono un risarcimento, in capo al lavoratore, quantificabile tra le 2,5 e le 6 mensilità.