Con la sentenza n. 755 dello scorso 19 gennaio 2012 la Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio: un lavoratore non può essere licenziato, anche se si provano ogni motivazione a suo sostegno, per riorganizzazione dell’attività, quando poi, al solo fine di ridurre i costi del lavoro, l’azienda lo sostituisce con un collaboratore a progetto.La Corte ha ribadito che le ragioni sollevate dal datore di lavoro sono insussistenti (diminuzione consistente delle commesse) perché non supportate da valori reali e l’affidamento del servizio svolto dal dipendente licenziato a ud un collaboratore coordinato a progetto costituiscono le basi per l’illegittimità del licenziamento.
In effetti, come si evidenzia, nella sentenza si chiarisce che il lavoratore fu licenziato con la motivazione
tale decisione deriva dalla impossibilità sopravvenuta da diversi mesi a sostenere i notevoli costi di gestione dell’appalto a cui deve far fronte la società con la sua presenza in servizio
La Corte di cassazione ha così confermato la decisione di primo grado che ritenne il licenziamento non conforme alle disposizione che legittima il licenziamento quando sia giustificato da ragioni inerenti all’attività produttiva, al’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604 del 1996.
La Cassazione ha così ribadito, esaminando il motivo di appello concernente il giustificato motivo oggettivo, ha affermato che il licenziamento non sussiste in assenza di comprovate ragioni attinenti alla riorganizzazione dell’attività produttiva perché dalla documentazione e dall’esame delle istruzioni hanno provato che la riduzione dell’orario conseguente alle variazioni apportate sono risultate minime tali da non comportare una sostanziale diminuzione del lavoro da giustificare una decisione di questo tipo.
Non solo, la stessa Corte ha poi rigettato i rilievi del datore di lavoro, in merito alla possibile ingerenza del suo ruolo con le decisioni imprenditoriali; in effetti, la Cassazione si è limitata a constatare che la motivazione della società ricorrente non corrisponde alla realtà dei fatti.