Lo scorso novembre l’ISO, International Standards Organization, ha pubblicato le Linee Guida Iso 26000 sulla responsabilità sociale ed è ora disponibile presso l’Uni, l’ente normativo italiano, che ne cura la diffusione nel nostro Paese.
In un comunicato la segretaria generale della dell’ITUC-CSI, Sharan Burrow, ha voluto esprimere viva soddisfazione per l’importante conclusione che pone il lavoro e i suoi diritti al centro di ogni iniziativa utilitaristica.
Sharan Burrow è dal maggio del 2000 la seconda donna ad essere eletta presidente del Consiglio australiano dei sindacati (ACTU) ed è, al momento, membro del Consiglio di amministrazione dell’ILO e dal 25 giugno dell’anno scorso ricopre il suolo di segretario generale dell’ITUC.
L’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha voluto esprimere soddisfazione e apprezzamento per questo importante risultato.
In effetti, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, la norma risulta conforme alle convenzioni dell’Oil.
Ricordiamo che l’Agenzia promuove ogni forma di lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne.
È bene ricordare che la norma ISO 26000 non è il solo punto di riferimento in fatto di responsabilità sociale, ma, ad ogni modo, rappresenta benissimo l’evoluzione normativa delle precedenti esperienze.
Basti pensare all’esperienza della United Nations Economic and Social Commission (UNESC) che pone la governance, intesa in senso lato, come un momento importante di confronto verso un nuovo modello sociale, in effetti
La mancanza di governance è vista sempre più come la causa principale dei mali di una società
Possiamo anche riferirci anche alla Social Accountability International (SAI) che ha emanato, a suo tempo, la norma SA 8000.
Attualmente si ritiene la SA 8000 la norma più diffusa in fatto di responsabilità sociale di un’azienda nei suoi due aspetti: verso i rapporti personali interni e verso il confronto esterno con le altre realtà industriali.
In effetti, con la SA 8000 si vuole valutare, ad esempio, ogni aspetto interno: dal rispetto delle condizioni minimali di lavoro fino a dare indicazioni di correttezza aziendale nei rapporti di lavoro.
Le nuove Linee Guida Iso 26000 rappresentano il risultato di un lungo cammino interno, avviato fin dal 2005 con la costituzione di un gruppo di lavoro specialistico del quale hanno fatto parte esperti di diversi paesi e organizzazioni internazionali.
Per la prima volta ai lavori sono stati ammessi anche le organizzazioni sindacali, tra cui la Cgil.
Con la nuova norma ISO 26000 si esce dalla logica della contrapposizione, non si pensa più allo scontro, ma si apre un dialogo tra lavoratori e datore di lavoro attraverso l’uso della contrattazione articolata capace di coinvolgere tutti.
L’azienda, in questo contesto, ha, per così dire, un proprio ruolo sociale che deve permette all’uomo di realizzarsi attraverso il lavoro.
Non solo, l’azienda ha anche il compito e il dovere di tutelare e rafforzare le competenze anche attraverso sistemi di formazione mirati come l’apprendistato.
La norma ISO 26000 auspica un corretto confronto tra azienda e sindacato allo scopo di garantire, da un parte, le esigenze degli stakeholder e, dall’altra, la tutela dei propri dipendenti.
In questo contesto trovano posto le garanzie fondamentali, ovvero la tutela del lavoro minorile, il riconoscimento di orari di lavoro compatibili con la contrattazione sindacale e dalle leggi o la garanzia della salubrità dei luoghi di lavoro.
Le Linee Guida Iso 26000 però non si fermano qui, ma vogliono anche essere lungimiranti.
In altre parole, per gli autori del documento occorre prevedere una sorta di pianificazione della forza lavoro con l’obiettivo di evitare un uso smisurato del lavoro occasionale e temporaneo.
Ricordiamo che la norma ISO 26000 non è standard di riferimento per la certificazione e non sono previsti accreditamenti, ma in realtà si propone come una vera e propria linea guida.