Oggi, sabato 9 aprile 2011, tantissimi giovani sono scesi in piazza, nelle principali città italiane, per tornare a dire no al precariato e ad una conseguente condizione lavorativa che non dà certezze per il futuro. Promossa dal Comitato “Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta“, alla manifestazione dei lavoratori precari ha aderito, tra gli altri, anche la Cgil che, in particolare, per l’occasione è tornata a ribadire la necessità che nel nostro Paese venga attuata una profonda riforma degli ammortizzatori sociali; così come il più grande Sindacato italiano ha altresì ribadito sia la necessità di ridurre il precariato, sia di cambiare rotta dal fronte della remunerazione. Un precario, non lo scopriamo di certo oggi, a parità di ore lavorative, rispetto ad un dipendente con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, guadagna di meno ed ha meno diritti, mentre secondo la Cgil il giovane precario dovrebbe e deve guadagnare di più.
In questo modo, aumentando la remunerazione per il lavoro precario, rispetto a quello stabile, secondo la Cgil si può diminuire quello che per le imprese risulta essere un potere attrattivo. Perché assumere a tempo indeterminato quando con un contratto a termine l’impresa spende meno? Inoltre, il più grande Sindacato italiano, nell’ambito di quella che dovrebbe essere una incisiva riforma del mercato del lavoro, ritiene necessario dare una sforbiciata alla miriade di forme contrattuali di lavoro precario riducendole a sole quattro.
Nel complesso per la Cgil, nel giorno della manifestazione dei precari, ma anche in vista dello sciopero generale proclamato per il 6 maggio 2011, è necessario intervenire, come sopra indicato, sul piano legislativo, sui costi, ma anche sul welfare aprendo anche ai precari, pienamente, l’accesso agli ammortizzatori sociali, e contrastando nello stesso tempo forme di collaborazione come i finti stage o le assunzioni di lavoratori part-time che invece poi sono occupati a tempo pieno.