È stato anticipato al 2013 l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile legato all’aspettativa di vita, mentre nel 2016 l’aumento sarà di quattro mesi: l’ aumento di 4 mesi proseguirà dal 2019 al 2030, e che dal 2031 al 2050 l’aumento sarà pari a 3 mesi.
È superfluo ricordare che l’aumento dell’età pensionabile si applica a tutti (dai lavoratori e lavoratrici dipendenti fino ad arrivare ai lavoratori autonomo) e vale sia per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, sia ai fini del diritto alla pensione di anzianità così come al diritto all’assegno sociale.
Al momento i coefficienti di trasformazione non subiscono l’adeguamento immediato e questo fa pensare che la manovra è stata concepita solo per fare cassa. In effetti, il coefficiente relativo a 66 anni sarà creato solo quando gli aumenti relativi alla speranza di vita avranno superano un anno, ossia solo nel 2022 soltanto allora ci sarà la determinazione del coefficiente relativo ai 66 anni.
Le finestre mobili, così come l’aumento dell’aspettativa di vita, si applicano a tutte le pensioni di vecchiaia, quindi anche a quelle liquidate con il sistema di calcolo misto o contributivo.
Il protocollo sul welfare del 23 luglio 2007 non è mai stato, nella sostanza, pienamente applicato. In particolare, il protocollo aveva previsto la costituzione di una Commissione che entro il 31 dicembre 2008, avrebbe dovuto proporre modifiche ai criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione delle pensioni nel sistema contributivo nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure europee.
Secondo la CGIL, il nucleo di valutazione della spesa previdenziale, nelle sue osservazioni ai nuovi coefficienti, ha affermato che il differenziale prodotto dall’aggiornamento determina una evidente disparità di trattamento tra i lavoratori che vanno in pensione nei diversi anni interessati alla revisione, tanto da rendere conveniente, in prossimità della futura revisione, l’anticipazione di un anno del pensionamento. Il maggiore montante accumulato con la permanenza in attività per un ulteriore anno non copre il peggioramento del coefficiente di trasformazione dal montante in rendita.