In arrivo chiarimenti da parte delle Agenzie delle Entrate in merito al decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, ovvero la manovra correttiva finanziaria del mese di luglio 2011.
In particolare, in merito alla chiusura d’ufficio delle partite IVA inattive (disposta dall’articolo 23, commi 22 e 23 delle legge n. 111), le disposizioni contenute si inseriscono nel quadro delle previsioni nazionali finalizzate a prevenire e reprimere i fenomeni di evasione e frode in materia di IVA nazionale e comunitaria. In effetti, la volontà del legislatore è quello di ridurre il numero delle partite IVA formalmente attive a quelle effettivamente operanti nel nostro sistema.
A questo scopo, il comma 22, in specie, introduce nell’articolo 35 del DPR n. 633 del 1972 il comma 15-quinquies, al fine di prevedere la revoca della partita IVA qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l’attività d’impresa o di lavoro autonomo ovvero, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.
Ad ogni modo, come ricorda l’Agenzia delle Entrate, il provvedimento, in base al comma 15-quinquies, di revoca può essere impugnato, allo scopo di difendere le proprie istanze, davanti alle Commissioni tributarie.
Non solo, il comma 23 sempre della legge n. 111 dispone, poi, che i contribuenti che non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, ai quali non sia già stata contestata la violazione da parte dell’ufficio, possano sanare la violazione presentando, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, la dichiarazione di cessazione di attività, in deroga al termine previsto dal comma 3 dell’articolo 35 del citato decreto, versando, entro lo stesso termine, un importo pari alla sanzione minima indicata nell’articolo 5, comma 6, primo periodo del d.lgs. n. 471 del 1997 (pari a euro 516), ridotta ad un quarto, ossia pari ad un ammontare di euro 129.