È stato dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Fiom, organizzazione di categoria della CGIL, sul reintegro dei tre operai licenziati a luglio dalla Fiat di Melfi.
La decisione è dello stesso giudice del lavoro Emilio Minio che aveva emesso il provvedimento di annullamento dei licenziamenti.
Il ricorso della Fiom chiedeva di specificare le attività idonee a dare concreta attuazione all’ordine di reintegro nel posto di lavoro dei tre operai della Sata, licenziati a luglio e riammessi un mese dopo sulle linee produttive.
I tre operai sono stati reintegrati nel posto di lavoro, ma di fatto la Fiat non li ha mai ammessi sulle linee, seppur garantisca loro lo stipendio.
Il legale della Fiom, Lina Grosso, è del tutto tranquilla poiché il provvedimento ha natura strettamente processuale pur dando atto che esistono diverse opinioni sugli strumenti utilizzabili e il decreto di reintegro resta valido a tutti gli effetti, così come persiste l’inottemperanza della Fiat con tutte le conseguenze civili e penali.
Così come spiega il legale del sindacato Lina Grosso
Il giudice del lavoro ha dichiarato inammissibile la nostra istanza, dichiarandosi incompetente, perché non in presenza di un provvedimento di natura cautelare. Stiamo già preparando l’atto di precetto da presentare domani mattina al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Melfi, per ottenere i necessari chiarimenti sulle modalità del reintegro dei tre lavoratori.
Il giudice del lavoro ha giudicato inammissibile il ricorso Fiom perché la competenza per giudicarlo non sarebbe spettata a lui ma al giudice dell’esecuzione: questo è un ruolo ricoperto di volta in volta da un magistrato nominato presidente del Tribunale.
In sostanza, in base all’articolo 612 del codice di procedura civile, l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare va fatta con ricorso a tale magistrato.
Ricordiamo che il prossimo 6 ottobre inizierà la causa di merito e verrà esaminata l’eventuale condotta antisindacale della Fiat con la presenza di quaranta testimoni che saranno sentiti, in sede giudiziale, per ricostruire nel dettaglio la vicenda che ha portato al licenziamento dei tre operai.