Maggiori tutele al lavoratore a tempo indeterminato con la conferma del reintegro qualora il giudice accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo: questa nuova versione della riforma del lavoro incontra il parere favorevole delle organizzazioni sindacali, compresa la CGIL.
Non solo, oltre a confermare il valore formativo del contratto di apprendistato, il governo Monti ha deciso anche di penalizzare i contratti a tempo determinato compreso i diversi contratti precari anche, se poi sceglie di intervenire sulle partite IVA in un secondo tempo.
Infatti, da una parte si tende a dare una maggiore definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non solo esecutive o ripetitive vietando anche le clausole che consentono il recesso prima della fine del progetto. Se manca un progetto specifico il contratto si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Per i collaboratori è previsto l’aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% prevista per il lavoro dipendente (fino al 24% per chi è iscritto a gestione separata e ad altre gestioni o pensionati).
L’apprendistato acquisisce un valore formativo del tutto rispetto: si collega l’assunzione di nuovi apprendisti alla stabilizzazione avvenuta in precedenza e si alza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati (da 1 a 1 a 3 a 2).
La riforma voluta dal governo Monti collega le nuove assunzioni alle stabilizzazioni avvenute in precedenza (30% nel periodo transitorio, 50% a regime) con una stretta sui contratti a termine con la previsione di un intervallo di 60 giorni tra un contratto e l’altro (ora sono 10) per un contratto inferiore a 6 mesi e di 90 giorni per una durata superiore.
L’aspetto più importante, e quello più controverso, è la reintroduzione della reintegrazione del posto di lavoro nel caso di licenziamento per motivi economici ritenuto illegittimo dal giudice il datore di lavoro sarà condannato al pagamento di un’indennità e nel caso di “manifesta insussistenza” del motivo economico il giudice potrà prevedere anche la reintegrazione: il datore di lavoro sarà obbligato a indicare i motivi del licenziamento con un processo speciale abbreviato per le controversie in materia di licenziamento con una preliminare conciliazione.