Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato uno schema di decreto legislativo finalizzato a incentivare gli strumenti di contrasto al lavoro in nero, aumentando le pene e le sanzioni per i datori di lavoro che assumono irregolarmente dei migranti. In particolare, a risultare particolarmente colpite sarebbero le situazioni di “particolare sfruttamento” degli stranieri, a una maggiore tutela delle condizioni lavorative di questi ultimi, e dell’intero mercato italiano dell’occupazione.
Ma non solo. Stando a quanto si evince dal documento, se l’irregolare denuncia l’imprenditore che lo sfrutta e collabora con l’autorità giudiziaria, l’immigrato può ottenere un permesso di soggiorno a fini umanitari, della durata di sei mesi, e rinnovabile per un anno. In questo modo lo straniero potrebbe regolarizzare la propria posizione, cercando in maniera legittima un’occupazione che possa garantirgli la stabilità della permanenza in Italia.
Il testo è stato congiuntamente proposto dal Ministero degli Affari Europei e dal Ministero del Lavoro, in concerto con gli Affari esteri, la Giustizia, l’Economia e l’Interno. Ad ogni modo, massima prudenza è stata invitata da parte del titolare del dicastero dell’Integrazione, Andrea Riccardi, che ha dichiarato come per i clandestini “servano norme transitorie per evitare situazioni incresciose o una lotta tra deboli”.
Ma quali sono le sanzioni oggi in vigore per i datori di lavoro che impiegano clandestini? Le pene prevedono la reclusione da sei mesi a tre anni e 5 mila euro di multa per ogni lavoratore dipendente in nero. Le future dovrebbero contemplare l’aumento da un terzo alla metà, nelle situazioni più gravi (occupati in numero superiore a tre, minori in età non lavorativa, condizioni lavorative di particolare sfruttamento, così come sono previste dal codice penale. In caso di condanna, inoltre, il giudice applicherà al datore di lavoro anche una sanzione pari al costo medio del rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente.
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