In questi giorni è iniziato l’iter parlamentare in Commissione Lavoro al Senato l’esame del disegno di legge recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
Il Ministro Fornero, presente ai lavori della Commissione, nell’auspicare che la riforma venga approvata in tempi rapidi, ha anche sottolineato che il testo all’esame delle Camere non è ancora definitivo e può, quindi, essere migliorato, pur mantenendo l’equilibrio complessivo senza arretramenti.
Il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro, dopo la definitiva approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello scorso 23 marzo, era stato illustrato dal Presidente del Consiglio Monti e dal Ministro Fornero nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi e successivamente trasmesso alle Camere per dare avvio all’iter legislativo.
Dal punto di vista strutturale, lo schema di articolato è suddiviso in otto Capi, rispettivamente rubricati come disposizioni generali, tipologie contrattuali, disciplina in materia di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore, ammortizzatori sociali, tutele in costanza di rapporto di lavoro e protezione dei lavoratori anziani, ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro, politiche attive e servizi per l’impiego, apprendimento permanente e copertura finanziaria.
In particolare, l’articolo 3 («Contratti a tempo determinato») apporta alcune rilevanti innovazioni alla materia, attualmente disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
Siccome i rapporti di lavoro regolati da questo istituto presentano una maggiore propensione, rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato, all’attivazione di strumenti assicurativi, si è previsto un incremento del relativo costo contributivo (attraverso la introduzione di un’aliquota nella misura dell’1,4 per cento), destinato al finanziamento dell’ASpI (Assicurazione sociale per l’impiego – articolo 22 e seguenti).
Nello spirito della direttiva europea n. 99/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, il contrasto ad un’eccessiva reiterazione di rapporti a termine tra le stesse parti è perseguito tramite l’ampliamento dell’intervallo tra un contratto e l’altro a 60 giorni nel caso di un contratto di durata inferiore a 6 mesi, e a 90 giorni nel caso di un contratto di durata superiore (attualmente, i termini in questione sono fissati in 10 e 20 giorni).
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