Chiarimenti da parte della Corte Europea di Giustizia sul part-time verticale e sul relativo trattamento pensionistico.
Un’altra stoccata al sistema Italia; infatti, la Corte Europea di Giustizia, con sentenza C-395/08 e C-396/08, ha affermato che la disciplina italiana sul trattamento pensionistico prevista per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico è sfavorita rispetto a quelle concernenti gli altri lavoratori.
La decisione della Corte Europea di Giustizia è il risultato di una causa promossa dal personale di volo di cabina della compagnia aerea Alitalia che lavorano a tempo parziale, secondo la formula denominata tempo parziale di tipo verticale ciclico. Si tratta di una modalità organizzativa in base alla quale il dipendente lavora solamente per alcune settimane o per alcuni mesi all’anno, con orario pieno o ridotto.
I lavoratori Alitalia sostengono che, a causa della natura del lavoro del personale di cabina, il tempo parziale di tipo verticale ciclico è la sola modalità di lavoro a tempo parziale prevista dal loro contratto collettivo.
Questi lavoratori dipendenti, rilevato che l’Inps consideri quali periodi contributivi utili per l’acquisizione dei diritti alla pensione solo i periodi lavorati escludendo in questo modo i periodi non lavorati corrispondenti alla loro riduzione d’orario rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili, hanno proposto ricorsi dinanzi al Tribunale di Roma per contestare i conteggi individuali dei periodi contributivi.
In sostanza, i ricorrenti sostengono che l’esclusione dei periodi non lavorati pone in essere una disparità di trattamento tra i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico e quelli che hanno optato per la formula detta di tipo orizzontale; infatti, questi ultimi sono posti in una situazione più vantaggiosa per una durata di lavoro equivalente.
Al contrario, l’Inps afferma sostanzialmente che i periodi di contribuzione pertinenti ai fini del calcolo delle prestazioni pensionistiche sono quelli nel corso dei quali gli appellati nelle cause principali hanno effettivamente lavorato e che hanno comportato una retribuzione e il versamento di contributi, e che tale calcolo è effettuato pro rata temporis.
In effetti, secondo la Corte Europea, il principio di non discriminazione prevista dalla Direttiva n. 97/81, che l’Italia ha fatto propria con il D.L.vo n. 61/2000, fa sì che l’anzianità contributiva necessaria per l’individuazione della data relativa al diritto della pensione debba essere calcolata, per chi è a tempo parziale, come se avesse lavorato a tempo pieno.
Da ciò discende che debbano essere prese in considerazione, in via integrale, anche periodi di non lavoro.
La Direttiva n., 97/81 è intesa ad attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP e CES).
L’organismo europeo ha semplicemente rilevato un’infrazione alla normativa comunitaria poiché si è ravvisato una palese violazione delle norme.
La Direttiva è stata stipulata al fine di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale e di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.