La pensione diventa un traguardo mobile.
Nel senso che, per gli effetti della recente manovra finanziaria prevista dal decreto n. 78/2010 convertito nella legge 122/2010, il Legislatore ha introdotto tre nuovi meccanismi mobili che fanno slittare il termine della propria attività lavorativa: la finestra a scorrimento, l’innalzamento dell’età pensionabile e la parità tra uomini e donne nell’Amministrazione Pubblica.
Per inciso, il decreto 78/2010 ha introdotto una pesante riforma del sistema pensionistico con il meccanismo della fiducia bloccando ogni tentativo dibattimentale nelle aule parlamentari. Una riforma di questa portata andava presentata e approvata con l’accordo delle parti sociali e con ampie discussioni nelle sedi più opportune.
Lo scopo del governo era quello di prolungare l’attività lavorativa posticipando sempre più il momento di incassare la pensione.
Un altro aspetto da non dimenticare è la recente modifica dei coefficienti di calcolo con la revisione triennale e l’introduzione del metodo contributivo, queste decisioni non fanno altro che diminuire l’assegno pensionistico.
Per prima cosa il governo ha deciso l’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego, 65 anni dal 1 gennaio 2012, per conseguire la pensione di vecchiaia.
Una norma fortemente critica perché ha permesso una disparità tra il pubblico impiego con il settore privato e che, tra non molto, si esprimerà di certo la Corte Costituzionale per, con ogni probabilità, una parità verso l’alto.
L’altro meccanismo è lo scalone a 12 mesi o 18 per il lavoro autonomo applicabile per le pensioni di vecchiaia e di anzianità.
Questo particolare sistema ritarderà il diritto a conseguire la pensione di almeno 13 o 19 mesi successivi a quello di maturazione dei requisiti.
Infine, è da ricordare la modifica che sarà introdotta dal 2015, ovvero l’innalzamento dell’età pensionabile in riferimento della speranza di vita.
Secondo le considerazioni di alcuni osservatori, nel 2028 si arriverà all’aumento di un anno: non si andrà in pensione a 65 ma a 66 anni.
L’età, a questo punto, non è più una costante ma diventa una variabile.