Il governo Monti ha radicalmente modificato il nostro sistema pensionistico abolendo di fatto la pensione di anzianità e incidendo in modo diretto sull’età pensionabile. In effetti, la riforma Monti-Fornero ha intrdodotto il pensionamento anticipato come sostitutivo della pensione di anzianità abolendo le quote, ossia età più contributi, per la pensione di anzianità.
Non solo, per accedere alla pensione anticipata occorre aver maturato, indipendentemente dall’età anagrafica, 41 anni e un mese di anzianità contributiva nel caso delle donne, 42 anni e un mese nel caso degli uomini: la soglia sarà, ad ogni modo, aumentata sulla base dell’aumento della speranza di vita.
La riforma Fornero, anche per diverse insistenze da parte dei sindacati, prevede un trattamento particolare per i nati nel 1952, i più penalizzati dalla riforma: chi entro il 31 dicembre 2012 avrà almeno 60 anni di età e 35 di contributi (e che con il vecchio regime avrebbero già maturato il diritto alla pensione, la cosiddetta quota 96) potranno andare in pensione a 64 anni invece che a 66. Lo stesso discorso varrà per le donne dipendenti del settore privato che alla stessa data abbiano 60 anni e 20 di contributi, sempre che non abbiano già diritto a un trattamento più favorevole.
Chi, pur avendo maturato i requisiti, va in pensione di anzianità prima dei 62 anni di età subisce un decurtamento dell’assegno dell’1% per i primi due anni di anticipo e del 2% per ogni anno in più.
Sul versante delle pensioni di vecchiaia occorre ricordare che i lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione di vecchiaia possono rinviare l’uscita fino a 70 anni (e oltre in caso di aumento della speranza di vita). I contributi maturati in questo periodo faranno crescere il montante sul quale sarà calcolato l’assegno.
Per ultimo occorre anche ricordare che gli assunto dopo il 31 dicembre 1995, la cui pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo, possono andare in pensione a 63 anni, purché abbiano almeno 20 anni di contributi versati e l’assegno di pensionamento non sia inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Questo importo sarà aggiornato periodicamente dall’Istat sulla base dell’evoluzione quinquennale del Pil.
La data del 31 dicembre 1995 è importante perché segna l’ingresso della riforma Dini, legge 335 del 1995, che istituisce il sistema contributivo sostitutivo, a regime, di quello contributivo. Possiamo ricordare che nel sistema retributivo la pensione corrisponde a una percentuale dello stipendio del lavoratore: essa dipende, dall’anzianità contributiva e dalle retribuzioni, in particolare quelle percepite nell’ultimo periodo della vita lavorativa, che tendenzialmente sono le più favorevoli, mentre nel sistema contributivo, invece, l’importo della pensione dipende dall’ammontare dei contributi versati dal lavoratore nell’arco della vita lavorativa.