Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che non ha diritto a permessi retribuiti la persona che presti assistenza al genitore portatore di handicap se questa non è continuativa, Sentenza del 22 aprile 2010 n. 9557.
L’assistenza deve essere espressa in forma continuativa e in via esclusiva, così come prevede la legge. Infatti, le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’articolo 19 della legge 53/2000, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.
Infatti, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un dipendente delle Poste che chiedeva dei permessi retribuiti per assistere la madre portatrice di handicap.
Secondo le indicazioni emerse in sede di giudizio, l’uomo prestava assistenza non in modo continuativo ma limitandosi a fornire contatti telefonici, indicazioni logistiche e trasferendosi a casa della madre solo per un mese e mezzo all’anno.
Ad un primo momento, il Tribunale di Milano aveva dato ragione al dipendente ritenendo fondata la questione. Di parere contrario era stata la Corte d’Appello che aveva accolto il ricorso del suo datore di lavoro negando il diritto ai permessi retribuiti.
La Cassazione successivamente ha confermato la decisione sottolineando che ai fini della fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, così come modificata dalla legge n. 53 del 2000, occorre che l’assistenza al parente o affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente, sia in atto, continuativa ed esclusiva.
Ricordiamo che le agevolazioni previste dalle norme prevedono, tra l’altro, che il lavoratore o la lavoratrice con figlio gravemente disabile o che assiste un familiare o affine (entro il 3° grado) gravemente disabile, o il lavoratore o la lavoratrice con grave disabilità , ha diritto a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso e a scegliere la sede di lavoro più vicina al luogo di residenza della persona a cui si presta assistenza.
Chi assiste un disabile grave dovrebbe avere riconosciuto il diritto del prepensionamento come lavoro usurante di cura,si va al lavoro poi si continua a lavorare a casa ,facendo docce cambiando pannolini ,aggiustando i letti ,passare l’aspirapollvere,è facendo tutti gli altri lavori che una moglie disabile grave non può fare .Dove il meriteto riposo dall’uscita del lavoro ? quale svago per rompere la rutin che dura da decenni?
Passate parola ai nostri politici che loro con i soldi che quadagnano questi problemi non ce lanno.