La democrazia del lavoro non può passare attraverso accordi separati, poichè una prassi del genere può avere delle ricadute non indifferenti sull’intero sistema dei modelli e forme della partecipazione dei lavoratori alla vita economica.
Escludere una componente sindacale dal tavolo delle trattative finalizzate a definire un nuovo modello di partecipazione e contrattuale può essere deleterio, a maggior ragione se parliamo della più importante organizzazione sindacale italiana: la CGIL.
L’accordo separato alla FIAT di Pomigliamo rappresenta l’esempio più evidente e che ha segnato il panorama delle relazioni industriali.
In realtà, è da circa dieci anni che si fanno accordi separati in diversi settori: il caso di Pomigliano non è l’unico caso isolato.
In effetti, come Leonardi – ricercatore all’IRES – pone in evidenza, gli accordi separati hanno interessato ogni livello del nostro sistema contrattuale.
Si parte da quello interconfederale, da territoriale a nazionale, del Patto per Milano nel 2000, sui contratti a termine nel 2001, il Patto per l’Italia nel 2002, l’Accordo quadro sulla riforma del sistema contrattuale del 22 gennaio 2009.
Non solo, gli accordi interessano anche i diversi settori produttivi: dall’artigianato nel 2008 al settore pubblico nel 2008 e 2009 fino ad arrivare nelle imprese private sempre nel 2009.
Non fanno eccezione gli accordi di categoria. L’esempio più evidente è quello dei metalmeccanici, una categoria storica che ha segnato l’intero panorama sindacale italiano.
A questo proposito diversi accordi hanno portato all’esclusione dell’organizzazione più rappresentativa, la FIOM-CGIL: ricordiamo gli accordi del 2001, 2003, 2009 e, per ultimo, l’accordo di Pomigliano (accordo aziendale non privo di importanti risvolti a livello nazionale).
Non rimane escluso nemmeno il comparto del pubblico impiego, ministeri e scuola del 2008.
Non rappresenta di certo l’eccezione il panorama degli accordi a livello aziendale. A questo proposito, seppur l’esempio della FIAT è quello più evidente, esistono diverse realtà. Si parte dall’Electrolux-Zanussi (sul job on call) nel 2000 fino ad arrivare alla Fiat di Melfi nel 2004, esiste il caso all’Alenia senza per questo trascurare gli accordi alla Ferrari, alla Mivar nel 2008.
Non solo, nel 2009 si concludono gli accordi alla Piaggio, alla Fincantieri, alla Lasme e, di nuovo, alla Fiat nel 2009 e nel 2010.
Esiste poi un altro aspetto da non sottovalutare messo in evidenza di Leonardi: l’esistenza dei contratti definiti pirata, ovvero siglati fra associazioni comparativamente poco rappresentative nei comparti del turismo, del tessile-abbigliamento e del lavoro in somministrazione.
Le parti sociali non possono pensare di definire un nuovo modello escludendo, a priori, una componete sindacale. È necessario accantonare i dissidi, superare le diversità e confrontarsi seriamente sui contenuti.
Occorre uscire dal ginepraio delle contraddizioni e sedersi al tavolo delle trattative e del confronto per mettere in evidenza i diversi modelli poichè, nell’ampio panorama dei rapporti di lavoro, esistono una pluralità di esperienze: dai diritti sindacali di informazione, a quelli di consultazione, di codeterminazione e fino ad arrivare alla cogestione.