I lavoratori precari, in media, sopravvivono con 836 euro al mese e, in totale, sono più di 3 milioni di lavoratori, per la precisione 3.315.580, con punte di 927 per gli uomini e 759 euro per le donne. Lo studio della CGIA di Mestre ha pure posto in evidenza che solo il 15% risulta laureato e, la sorpresa, l’amministrazione pubblica è il principale datore di lavoro.
Lo studio ha cercato di fotografare una particolare tipologia di lavoro che, al giorno d’oggi, è il principale sbocco per la maggior parte dei giovani o da chi è stato espulso dal ciclo produttivo.
La CGIA di Mestre ha posto in evidenza che, mentre i laureati ammontano ad una cifra di poco superiore del 15%, la maggior parte dei precari, il 46%, ha un diploma di scuola media superiore, mentre chi ha conseguito solo la licenza media può vantare una presenza del 39%.
L’aspetto che sorprende di più è il ruolo della pubblica amministrazione; in effetti, se è vero che la pubblica amministrazione non indice quasi più concorsi, allora per sopperire all’esigenza pubblica stipula sempre più contratti temporanei. Grazie a questa novità, la pubblica amministrazione è il maggiore datore di lavoro; in effetti, il comparto sanitario può vantare il triste primato di 514.814 contratti, segue a ruota i servizi sociali e quelli pubblici con 477.299.
I maggiori contratti stipulati si trovano nel Sud del Paese con 1.108.000 precari: la regione Calabria ne conta il 21,2% e la Sardegna il 20,4%.
Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, osserva che
Su un totale di oltre 3.315.000 lavoratori senza un contratto di lavoro stabile quasi 1.289.000, pari al 38,9% del totale, non ha proseguito gli studi dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Questi dati smentiscono un luogo comune che identifica il precario in un giovane con un elevato livello di studio. Per questo è necessario pensare anche a questi lavoratori con un basso livello professionale che con la crisi rischiano di essere spazzati via dal mercato del lavoro