Il governo ha deciso di attribuire circa 300 milioni di euro per la previdenza complementare.
Ecco quanto prevede il recente correttivo alla manovra economica approvata a fine luglio: mentre non si trovano fondi per stipendi e prorogato il blocco delle assunzioni degli statali, il governo ha deciso di assegnare un contributo di 300 milioni di euro per finanziare le spese di avvio e adesione collettiva dei fondi integrativi.
Il provvedimento è stato necessario per tentare di sollevare la previdenza complementare pubblica.
Di sicuro il pilastro alternativo a quelle pubblico non è mai andato oltre a delle mere previsioni o dichiarazioni. In effetti, è dalla fine degli anni ’90 che se ne parla senza mai giungere ad un risultato apprezzabile.
Con la modifica dei coefficienti pensionistici diventa urgente anche per il pubblico impiego definire sul serio un sistema alternativo che possa contribuire con efficacia all’assegno pensionistico.
Secondo le informazioni diffuse solo 90.000 statali aderiscono ad un fondo previdenziale contro 3.6 milioni di lavoratori che rappresentano un importo salariale di 170 miliardi annui, il 12% del PIL.
A questo riguardo possiamo ricordare il fondo Espero composto da dipendenti della scuola, accademie e conservatori ed è l’unico attivo a livello nazionale.
Altri fondi si trovano in situazioni di estrema incertezza.
Ad esempio il fondo Perseo – riservato ai dipendenti delle regioni, del sistema sanitario e delle autonomie locali – istituito nel 2007 è ancora in embrione perché, ad oggi, non sono stati definiti ancora gli organi collegiali.
Non solo, lo stesso discorso vale per il fondo Sirio riservato a ministeri, presidenza del Consiglio, enti pubblici e agenzie.
La situazione è estremamente variegata a livello territoriale con due sole strutture consolidate, da Laborfonds e Fopadiva, ma con un’adesione limitata.
Anche la Corte dei conti è intervenuta nel dibattito chiedendo a gran voce un decreto legislativo dedicato alla previdenza complementare pubblica.
Il vuoto istituzionale deve essere colmato per adeguare il sistema previdenziale pubblico con quello privato anche per via delle mutate regole previdenziali e lavorative.
A questo riguardo possiamo ricordare l’avvenuto allineamento dei contratti pubblici a quelli privati, l’armonizzazione delle norme sul Tfr e la diffusione nelle amministrazioni del lavoro precario.