Sempre meno professionisti si aggirano per le città italiane. Secondo quanto afferma una ricerca compiuta da Ires – Cgil, infatti, nel corso del periodo 2008 – 2010 la macro categoria dei liberi professionisti avrebbe perso ben 532 mila posti di lavoro. Una emorragia che coinvolge principalmente coloro che svolgono professioni tecniche (- 347 mila unità nel biennio), seguiti da quei professionisti che svolgono attività imprenditoriali e dirigenziali (- 174 mila unità).
Ma non solo: a cavarsela piuttosto male sono anche i professionisti occupati in attività scientifiche e di elevata specializzazione (persi 141 mila posti di lavoro in due anni) e quelli che svolgono ancora attività manifatturiere con semiqualificazione (- 140 mila posti). In flessione di 125 mila posti, infine, gli artigiani, gli operai specializzati e gli agricoltori.
In controtendenza, invece, sembrano resistere piuttosto bene le professioni come quelle relative agli impiegati generici (in crescita di 3,2 punti percentuali, di 80 mila unità) e quelle professioni non qualificate (in aumento di 229 mila posti), comunque incapaci di controbilanciare la perdita di lavoro delle categorie a maggior tasso di qualificazione specialistica.
Piuttosto interessante è inoltre osservare che – in linea generale – a subire gli effetti più negativi della crisi occupazionale sono soprattutto coloro che appartengono a bassi livelli di scolarizzazione (- 668 mila occupati tra chi non è andato oltre la licenza media). Penalizzati anche coloro che svolgono già attività imprenditoriali, tecniche e impiegatizie (in calo rispettivamente di 91, 125 e 111 mila unità).
Il primo semestre 2011, rispetto al biennio in esame, mostra una lieve ripresa delle assunzioni. Tuttavia, segnalano ancora le analisi a margine dei dati statistici, c’è ben poco da esser lieti: a contribuire a questa leggera inversione di tendenza sono infatti state le assunzioni a tempo determinato, mentre il vecchio e caro posto fisso continua a calare.