La Corte Costituzionale, con sentenza del 19 maggio 2011 n. 170, ha rilevato la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 della legge della Regione Abruzzo n. 24 del 2010 sollevata, in riferimento all’articolo 117 – secondo comma, lettera l) della nostra Carta fondamentale – dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La norma regionale si limita a stabilire che, al fine di consentire l’ordinata conclusione dei progetti in itinere, i dirigenti regionali possono prorogare i contratti di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della legge regionale, addirittura stabilendo che tali proroghe possano essere disposte anche più volte.
Tale previsione, oltre a porsi in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artivoli 3 e 97 Cost., consente un generalizzato meccanismo di proroga dei rapporti in essere, senza limiti temporali e senza il rispetto dei requisiti richiesti dall’articolo 7, comma 6, del decreto n. 165 del 2001.
È vero che le Regioni possono richiedere requisiti differenti da quelli previsti dall’art. 7 del decreto n. 165 del 2001, ma in tal caso devono stabilire criteri dettagliati, razionali e ragionevoli, ma non un rinnovo incondizionato dei contratti dei collaboratori in essere, basata sul solo presupposto della necessità della definizione dei programmi di lavoro.
In effetti, secondo quanto rileva la Corte, i contratti di collaborazione cui si riferisce la norma impugnata ineriscono a rapporti di lavoro autonomo e sono disciplinati dal diritto civile.
La norma censurata stabilisce la facoltà per le amministrazioni di disporre la proroga dei contratti di collaborazione in essere e, pertanto, incide su uno degli aspetti della disciplina (di diritto privato) di tali contratti, vale a dire la loro durata, non a caso oggetto di specifica previsione da parte dell’art. 7, comma 6, lettera d), del decreto n. 165 del 2001, il quale stabilisce che la durata di simili contratti deve essere predeterminata al momento della stipulazione.
Così come rilevato il fatto censurato all’articolo 5 preveda la possibilità di proroga della durata originariamente stabilita solamente nei casi in cui ciò sia necessario per la conclusione di progetti già avviati in modo simile a quanto consentito anche dal menzionato articoli 7 del decreto n. 165 del 2001, non ha alcun rilievo per escludere la illegittimità costituzionale della norma. Vertendosi in una materia, l’ordinamento civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, la Regione non può legiferare in un campo ad essa precluso, neppure per conformarsi alla disciplina statale.
Secondo questi rilievi, la Corte dichiara l’illegittimità dell’articolo 5 della legge della Regione Abruzzo n. 24 del 2010 per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost., con conseguente assorbimento degli altri profili di incostituzionalità.