Il nuovo rapporto Caritas-Zancan su povertà ed esclusione sociale in Italia pone in luce alcuni aspetti che non sono stati sufficientemente valutati tanto da registrare una sostanziale difformità tra i dati ufficiali relativi alla povertà e la reale condizione del paese.
Infatti, il Rapporto registra nel 2010 8 milioni e 272 mila poveri, una percentuale pari al 13,8%, contro i 7 milioni e 810 mila del 2009 (13,1%). Secondo i dati Istat il 2010 ha registrato un incremento nel numero di famiglie in condizioni di povertà passado da 2,657 milioni (pari al 10,8%) a 2,734 milioni (11%).
Non solo, il Rapporto fa sapere che nel 2010 la povertà relativa è aumentata, rispetto all’anno precedente, tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9 al 29,9%), tra le famiglie monogenitoriali (dall’11,8 al 14,1%), tra i nuclei residenti nel Mezzogiorno con tre o più figli minori (dal 36,7 al 47,3%) e tra le famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro (dal 13,7 al 17,1%). In realtà, la povertà è aumentata anche tra le famiglie che hanno come persona di riferimento un lavoratore autonomo (dal 6,2 al 7,8%) o con un titolo di studio medio‐alto (dal 4,8 al 5,6%).
Secondo il rapporto Caritas, nel nostro Paese i cittadini tra i 15 e i 64 anni con un lavoro regolarmente retribuito sono quasi 22 milioni e 900 mila, il 56,9% dei cittadini: una percentuale tra le più basse dell’Occidente. Ci sono poi tre categorie particolarmente vulnerabili: i giovani (l’occupazione è crollata dell’8% nel 2009 e del 5,3% nel 2010); le donne (in Italia lavora solo il 47%); le persone disabili (nel 2008 hanno fatto domanda di assunzione 99.515 disabili e nel 2009 83.148, ma gli avviamenti effettivi al lavoro sono stati rispettivamente 28.306 e 20.830).
Secondo l’indagine negli ultimi due anni la spesa assistenziale dei comuni è aumentata del 4%, la spesa per la povertà dell’1,5% e quella per il disagio economico del 18%: dati non trascurabili se si pensa che, a volte, sono utilizzati per colmare alcune necessità quotidiane senza per nulla incidere sulla loro esclusione sociale.