Polemiche in regione: la CGIL non condivide le scelte operate dalla regione Veneto in materia di ammortizzatori sociali in deroga per l’anno 2011.
In effetti, l’intesa non è stata firmata dalla maggiore centrale sindacale italiana poiché non ritiene soddisfacente i criteri per il ricorso agli ammortizzatori in deroga per il 2011 definiti dalla regione Veneto e sottoscritti dalle parti sociali.
Per la CGIL i criteri individuati sono particolarmente restrittivi e illogicamente selettivi in favore delle imprese aderenti agli enti bilaterali.
In sostanza, secondo il sindacato, la nuova intesa prevede una norma definita premiale per le aziende che aderiscono agli enti bilaterali, con l’estensione del periodo di 180 giornate di cassa integrazione in deroga sino a 220 giornate.
In questo modo, secondo la CGIL, si penalizzano i lavoratori di aziende che non aderiscono agli enti bilaterali e che tra l’altro non possono nemmeno godere dei 90 giorni di sospensione previsti dalla legge 2/2009.
Il nuovo accordo per la mobilità in deroga prevede un aumento della durata, da 6 a 8 mesi, a favore dei lavoratori senza nessun sostegno al reddito, e per la CGIL questo è sicuramente un passo avanti, anche se è ritenuto insufficiente visto che altre Regioni, come ad esempio la Lombardia, hanno fissato una durata ben maggiore.
In particolare, l’accordo 2011 prevede una durata massima di 180 giorni con un cofinanziamento da parte dell’impresa del 30% delle misure di politica attiva messe in atto dalla Regione.
Nell’accordo 2010, al contrario, erano previsti 12 mesi per le aziende industriali, mentre il criterio individuato per il 2011 non si applica alle imprese artigiane e industriali con meno di 15 addetti: una grossa realtà produtttiva che di fatto rimane esclusa.
Non solo, con l’Intesa 2011 non è possibile chiedere il ricorso alla cassa integrazione in caso di cessazione di attività dell’impresa con o senza procedura concorsuale.
Nell’Intesa 2011 è possibile richiedere un periodo di cassa integrazione in deroga con un tempo limite di 180 giorni, previa verifica e accordo in regione, e solo a fronte di fondate e documentate prospettive di continuazione dell’attività produttiva derivanti dall’acquisizione dell’impresa o di parti della stessa da parte di terzi.