La Consulta promuove nuove vie, più allargate, per la regolarizzazione di colf e badanti. Stando a quanto sancito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 172 del 6 luglio 2012, infatti, potranno essere soggetti a regolarizzazione anche gli immigrati che sono stati condannati per un reato minore, a patto che l’autorità amministrativa abbia opportunamente accertato che il soggetto non sia un pericolo per la società.
Con la pronuncia in esame, pertanto, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 1-ter, comma 13, lettera c) del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, che – introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 – fa derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di regolarizzazione del lavoratore extra comunitario dalla pronuncia, nei suoi confronti, di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 del codice di procedura penale, senza lasciare all’amministrazione pubblica la possibilità di accertare se lo stesso soggetto sia effettivamente o meno in grado di rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Secondo i giudici del tar delle Marche e della Calabria, che hanno sollevato la questione, così disponendo la norma calpesterebbe il principio di uguaglianza, escludendo la regolarizzazione agli immigrati puniti per gravi reati, e quelli, magari in condizioni critiche e di indigenza, che ne hanno commessi minori.
Nel passaggio conclusivo della pronuncia si legge infatti come “la specificità della fattispecie rende, quindi, manifesta l’irragionevolezza del diniego di regolarizzazione automaticamente correlato alla pronuncia di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 381 cod. proc. pen., senza che sia permesso alla pubblica amministrazione di apprezzare al giusto gli interessi coinvolti e di accertare se il lavoratore extracomunitario sia o meno pericoloso per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato (…) L’arbitrarietà di tale disciplina risulta ancora più palese in relazione al caso, oggetto dell’ordinanza del Tar per la Calabria, di pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna per uno dei reati contemplati da detta norma”.
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