Secondo quanto previsto dal recente emendamento proposto da Roberto Giacchetti, al disegno di legge anti corruzione approvato dalle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, il collocamento “fuori ruolo” per magistrati (ordinari, amministrativi e contabili), per avvocati e per procuratori dello Stato, non può durare per più di 5 anni consecutivi, per un massimo di 10 nell’arco dell’intera carriera professionale, affinchè gli stessi possano poi assumere incarichi in altre amministrazioni pubbliche.
Il testo proposto, pertanto, oltre a stabilire limiti temporali al “congelamento” dell’attività dei professionisti di cui sopra per svolgere ulteriori incarichi, imporrebbe altresì che il funzionario possa mantenere “esclusivamente il trattamento economico” – si legge nel documento – “fondamentale dell’amministrazione di appartenenza”, contando di fatto solo sul proprio stipendio e non sul frutto di consulenze esterne, attraverso una disposizione da applicarsi anche agli incarichi già in corso.
Una mini-rivoluzione, dunque, per giudici, avvocati e procuratori, non ben vista da tutte le parti in causa, nonostante un ampio appoggio parlamentare, con lo stesso Pd (da cui proviene l’emendamento) che si è augurato un “intervento sistematico”, poiché il documento proposto non risolverebbe comunque il problema dello svolgimento di incarichi extra da parte del magistrato, in contemporanea con l’esercizio della giurisdizione.
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Anche il governo non sembra essere particolarmente convinto della posizione proposta con l’emendamento, suggerendo un ripensamento, “perché si crei una situazione meno drastica” (così ha dichiarato il ministro della Giustizia Paola Severino). Tutto lascia pensare, dunque, verso una potenziale modifica degli intenti proposti con l’emendamento, che possa accontentare con maggiore omogeneità le posizioni in causa. Il tema dei magistrati “fuori ruolo” potrà probabilmente essere rivisto nel corso delle prossime settimane, inglobando altresì ulteriori temi direttamente o indirettamente collegati, come l’accorpamento dei reati di corruzione e di concussione, o l’interdizione perpetua della pubblica amministrazione per i condannati.