Dopo aver inviato centinaia di curriculum, dopo aver ricevuto al più una mezza dozzina di risposte, e dopo aver ricevuto proposte di lavoro poco serie, da quelle a provvigione a quelle per cui non si capisce come l’azienda intende inquadrare il candidato, molto spesso i giovani gettano la spugna ed il lavoro neanche lo cercano più. A quattro anni di distanza dallo scoppio della crisi è infatti la sfiducia nel lavoro e nella sua ricerca uno dei problemi più grossi da superare. Non a caso Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, nel commentare l’ultimissimo Rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica su “Occupati e disoccupati“, relativo al mese di aprile 2011, ha fatto presente come la disoccupazione non scenda in virtù di un numero maggiore di persone che trovano lavoro, ma perché aumenta l’esercito degli scoraggiati.
Questo secondo l’esponente del più grande Sindacato italiano significa da un lato che sul calo della disoccupazione è bene avere il pudore di non fare propaganda, e dall’altro l’aumento degli scoraggiati porta il dato reale sul tasso di disoccupazione in Italia sopra la media europea. I dati ufficiali dell’Istat, lo ricordiamo, indicano che in Italia il dato generale sul tasso di disoccupazione è più basso rispetto alla media dell’Eurozona, mentre quando concentriamo l’attenzione sul tasso di disoccupazione giovanile, allora il nostro Paese non è secondo a nessuno visto che circa un giovane lavoratore su tre è rigorosamente a spasso.
Per invertire questa pericolosa tendenza, che pesa sullo sviluppo e sulla crescita del nostro Paese, secondo Fulvio Fammoni bisogna agire dal fronte della lotta al lavoro precario, quello che è non solo insicuro, ma anche mal pagato e senza alcuna prospettiva al livello previdenziale e, quindi, per il percepimento di una pensione dignitosa. Il precariato, inoltre, spesso porta al passaggio da una situazione lavorativa di instabilità ad una in nero con un incremento conseguente del sommerso.