La Consulta è stata chiara: è illegittima la riduzione del trattamento economico dirigenti e manager pubblici bocciando il decreto n. 78/2010.
Infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 223 depositata l’11 ottobre 2012, ha ritenuto illegittimi i commi 2 e 22 dell’art. 9 del decreto legislativo n. 78 del 2010 che prevedevano la riduzione del trattamento economico complessivo, del 5% una volta superati i 90.000 euro annui lordi, e del 10% una volta superati i 150.000 euro, per i dirigenti e manager pubblici ed i magistrati, perché violano il principio di eguaglianza.
In particolare, la Consulta ha ritenuto non accettabile il blocco degli automatismi stipendiali che caratterizzano la progressione economica; infatti, il giudice rileva che il meccanismo di blocco prefigurato si porrebbe in contrasto con l’art. 104, primo comma, Costituzionale, in quanto violerebbe il principio per cui il trattamento economico dei magistrati non sarebbe
nella libera disponibilità del potere, legislativo o maiori causa del potere esecutivo
Infatti, per la Corte Costituzionale questo particolare adeguamento rappresenterebbe un elemento intrinseco della struttura delle retribuzioni dei magistrati, diretto alla salvaguardia della loro indipendenza, così come ha in precedenza chiarito con la sentenza n.1 del 1978.
La Consulta ritiene che questo meccanismo eviterebbe che i magistrati siano
siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei confronti di altri poteri
anche in questo caso ribadendo la sentenza n. 42 del 1993.
Questo meccanismo funzionerebbe come una guarentigia, sentenza n. 238 del 1990.
Non solo, l’orientamento della Corte Costituzionale sarebbe anche, in un certo senso, confermata dagli orientamenti europei perché gli articoli 2 e 4 della Magna carta dei Giudici europei, approvata a Strasburgo il 17 novembre 2010 dal Consiglio d’Europa.
Vale però la pena di ricordare che questa Magna carta è priva di valore cogente, costituirebbe comunque, sempre per la Consulta, una fondamentale deliberazione, utile al fine di interpretare le disposizioni interne.
Rimane però un problema: troppe garanzie per pochi e poche certezza per tanti e un peso sempre più opprimente della fiscalità generale a carico dei soliti cittadini.