Il momento più bello per una madre è quello di mettere alla luce il frutto dei suoi 9 mesi di gestazione. Ovviamente, una volta nato il proprio figlio, sarà il momento di tornare anche al lavoro al termine del periodo di assenza giustificata meglio noto come maternità. Ma come e quando farlo al meglio? Di seguito vedremo alcuni consigli sull’argomento.
Post maternità: come rientrare al lavoro al meglio
La maternità in un modo o nell’altro potrebbe spostare gli equilibri della vita precedentemente condotta prima del parto. Pertanto, tornare al lavoro potrebbe non essere sempre semplicissimo, specialmente perché molte mamme vivono questo momento con un profondo senso di colpa nei confronti del proprio bambino, vedendolo quasi come una sorta di abbandono. Ovviamente anche per il neonato il distacco dalla madre può rivelarsi traumatico, elementi questi per cui è fondamentale gestire bene questo passaggio così delicato, quello al nuovo status di madre-lavoratrice. Quando è giusto rientrare al lavoro quindi? Premettendo che questa domanda può trovare delle risposte diverse da persona a persona, è bene partire da quello che prevede la legge italiana in caso di gravidanza. La maternità, infatti, ha una durata complessiva di circa 5 mesi, che solitamente sono da considerarsi come 2 pre parto e 3 post parto.
Ma c’è anche la possibilità di tenersi i 5 mesi di maternità obbligatoria tutti per la fase successiva alla nascita del bambino. Inoltre, una volta terminato il periodo di congedo, la neomamma ha la facoltà di poter estendere la maternità per altri 4 mesi, seppur con stipendio ridotto al 30% rispetto a quello medio giornaliero. Accanto a tutto questo, poi, c’è da inserire il buon senso del proprio datore di lavoro. Non sono ancora molti quelli che riescono ad essere flessibili sull’argomento e che magari non riescono a comprendere al meglio le nuove esigenze cui sta andando incontro la propria dipendente. Quindi è bene poter riflettere sul come sarà la vita una volta ricominciato a lavorare ma con un bambino in più da gestire in famiglia, prendendosi qualche settimana di tempo prima del definitivo rientro e provando da subito a parlare della propria condizione con chi fa parte dell’ambiente lavorativo.
Ma avere un bambino non si traduce in meno tempo da dedicare al proprio lavoro, bensì in una gestione dello stesso più o meno diversa. A tal proposito le neomamme sappiano che hanno diritto a 2 ore di permesso per l’allattamento in caso di contratto full time, mentre l’ora sarà una sola in caso di meno di 6 ore di lavoro giornaliere. Il tutto per l’intero primo anno di età del bambino, con retribuzione al 100%. Inoltre, in caso di malattia del bambino fino a 3 anni, i genitori possono richiedere l’assenza retribuita dal lavoro. La cosa è possibile anche quando il figlio ha un’età compresa tra i 3 e gli 8 anni, ma in questo caso i permessi saranno solo 5 nell’arco di un anno e non retribuiti.
Neomamme, cambiare lavoro si può: ecco come
Qualora il vecchio lavoro non corrispondesse più alle esigenze del post parto, si può sempre pensare di cambiarlo con uno nuovo. Partiamo dal caso di una lavoratrice dipendente: in questo caso una buona mossa potrebbe essere quella di trovare un’altra occupazione sempre da dipendente in un ambiente lavorativo che possa conciliarsi al meglio con le nuove esigenze quotidiane. In questo caso bisogna innanzitutto capire a cosa si può rinunciare e a cosa non si può rinunciare.
Magari una RAL più bassa ma a fronte di più tempo a disposizione durante il giorno può fare al caso, o piuttosto il contrario. Le idee chiare aiutano nella ricerca, che può avvenire tramite diversi mezzi. Basterà ottimizzare il proprio profilo, puntando il dito sulle proprie esperienze e punti di forza. In caso non si trovino offerte di lavoro interessanti e che possano calzare a pennello anche con le proprie competenze/esigenze, si potrebbe procedere per una via alternativa. Molte aziende, infatti, consentono di inviare una candidatura spontanea che, come spiegato in alcuni blog di settore, è un’ottima modalità per far risaltare le proprie competenze a dei futuri datori di lavoro.
Qualora, invece, i tempi del lavoro da dipendente inizino a stare stretti, si potrebbe sempre pensare di aprire una propria attività, facendo tutte le dovute valutazioni del caso, a partire da quelle fiscali e burocratiche. Quanti soldi servono e quanto tempo ci vuole per avviare la propria attività? Tutto va organizzato al dettaglio per capire se davvero ne valga la pena. Altrimenti c’è il lavoro da freelancer, per quanto ci vogliano delle specifiche qualità per poterlo portare avanti.
Infine, se si vuole intraprendere una carriera totalmente diversa, che sia da libera professionista o da dipendente, c’è sempre modo di poter seguire dei corsi professionali che consentano di acquisire le giuste competenze per seguire nuovi percorsi lavorativi. In questo caso ci si può rivolgere a centri specializzati in formazione che rilascino attestati e certificazioni ad hoc. Il tutto lo si può fare sia in sede che da casa, tramite corsi in live streaming oppure on demand. In questo modo si possederanno le chiavi di molte porte lavorative diverse e iniziare una nuova vita, con un bambino in più.