La riforma del lavoro ha previsto l’aumento dell’intervallo tra la scadenza di un contratto a termine e la stipula di uno nuovo con lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro.
I nuovi intervalli previsti dal D. Lgs. 368 del 2001, sono: *90 giorni se il contratto a termine scaduto è superiore a 6 mesi (prima della riforma l’intervallo era di 20 giorni); *60 giorni se il contratto a termine scaduto è inferiore a 6 mesi (prima della riforma l’intervallo era di 10 giorni).
Questo aumento dell’intervallo di tempo dà adito a considerazioni di vario genere: poiché è possibile stipulare un primo contratto a termine con un altro lavoratore per un periodo fino a 12 mesi senza causale, le imprese trovano più conveniente stipulare un nuovo contratto con un altro lavoratore, piuttosto che un nuovo contratto a termine con il lavoratore al quale è scaduto il contratto. Naturalmente, compatibilmente con le mansioni per le quali è possibile o conveniente per l’impresa.
Il proseguimento di fatto ora è possibile fino a 30 o 50 giorni. La riforma tiene conto anche della possibilità che il datore di lavoro continui ad avvalersi delle prestazioni del lavoratore anche se il suo contratto è scaduto, ad esempio per la necessità di completare le attività per il quale il contratto a termine era stato stipulato. In sintesi è possibile che il contratto continui tra le parti dopo la scadenza del termine, ma ci sono state delle variazioni anche sotto questo aspetto. Infatti, per i contratti a termine vigono nuove regole per il rinnovo.
Dal 18 luglio 2012 in poi, il rapporto a termine può proseguire oltre la scadenza per soddisfare esigenze organizzative per *30 giorni, nel caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi (nella disciplina previgente, il prolungamento di fatto era consentito per un massimo di 20 giorni); per *50 giorni nel caso di contratti di durata superiore a 6 mesi (fino al 17 luglio 2012 era possibile per un massimo di 30 giorni).
Se il datore di lavoro supera questi termini di prolungamento del contratto a termine scaduto, il contratto si considera a tempo indeterminato. In questo caso, bisogna darne comunicazione al Centro per l’impiego. Infatti, l’allungamento dei termini per il proseguimento comporta un nuovo adempimento amministrativo: il datore di lavoro deve comunicare al Centro per l’impiego l’intenzione di proseguire il rapporto a termine e la data della nuova scadenza entro la scadenza del termine del contratto prevista all’inizio.
Un obbligo che viene ad annullare la flessibilità che prima della riforma consentiva all’impresa di prolungare, senza particolari complicazioni, il rapporto per i giorni necessari a completare il lavoro oggetto del contratto a termine stesso. Dal 18 luglio in poi va specificato nella comunicazione anche il numero dei giorni di prolungamento.