Le società tra professionisti (Stp) non s’hanno da fare. Almeno il per momento. A sceglierlo è stato il ministro della giustizia, che ha scelto di mettere in stand by il regolamento sulle società tra professionisti ponendo fine a chi attendeva l’emanazione del provvedimento con il quale disciplinare i passaggi per costituire le Stp, nel silenzio di quanto stabilito dalla legge primaria (legge 183/11 e poi modifica con la legge 27/12).
Insomma, le stp possono essere costituite, ma non si sa come. A mancare è quel regolamento che il ministero avrebbe dovuto licenziare, disciplinando le modalità di conferimento e di esecuzione dell’incarico da parte dei soci professionisti, l’incompatibilità di partecipazione ad altre società e, soprattutto, le modalità di assoggettamento dei soci e delle stesse società al regime disciplinare degli ordini.
Un atto che rimarrà – almeno per ora – incompiuto, generando un gradito senso di sollievo da parte di quelle categorie professionali che temevano l’impatto del nuovo schema societario. Di contro, sottolineava il quotidiano Italia Oggi il 12 gennaio, è “un’occasione persa, invece, per altre categorie, le tecniche soprattutto, che più volte hanno sollecitato il guardasigilli di emanare il provvedimento. In verità, come ripercorso più volte nelle pagine di questo giornale il testo era stato già predisposto dal ministero della giustizia e dopo il parere con osservazioni (3127 del 5/07/12) del Consiglio di stato, l’ufficio legislativo di Via Arenula aveva risposto e effettuato le relative correzioni, accogliendone sostanzialmente in larghissima parte”.
La crisi di governo ha insomma complicato le cose, rallentando il completamento della disciplina e rimbalzando il problema alla prossima legislatura. Tra i vari nodi da sbrogliare, ricorda ancora il quotidiano, “un primo problema era quello di stabilire come garantire il passaggio degli studi professionali, anche associati, a società tra professionisti, garantendo la necessaria neutralità fiscale. Un secondo problema era invece relativo alla qualificazione del reddito prodotto da queste società: per alcuni, esse conseguono in ogni caso un reddito di lavoro autonomo, per altri, invece un reddito d’impresa”.