Si abbatte la scura della Corte Costituzionale sulla manovra finanziaria del 2010, quando l’allora ministro Tremonti introduceva una nuova trattenuta sul Trattamento di fine rapporto, TFR, per i dipendenti pubblici.
Da parte sua la CGIL avverte gli Istituti previdenziali sull’importanza di questa decisione perché impatta direttamente i loro conti. Infatti, la manovra del maggio 2010, dl n. 78/2010, è stata dichiarata illegittima nella parte che disciplinava la trattenuta del Tfr per i dipendenti pubblici.
Con la stessa sentenza dove la Corte ha giudicato illegittimi i tagli alle retribuzioni delle alte dirigenze pubbliche perché gravemente discriminatori in quanto un tributo non può discriminare né in ragione della tipologia del datore di lavoro (in questo caso i pubblici e non i privati) e né può riguardare solo il lavoro. La Corte Costituzionale ha anche deciso di dichiarare incostituzionale anche il provvedimento relativo al Tfr del lavoro pubblico.
Infatti, la CGIL, attraverso il suo comunicato stampa, rileva
con la manovra Tremonti di maggio si estendeva il Tfr anche ai pubblici che prima, invece, accantonavano la ‘indennità di fine servizio’, frutto di una compartecipazione contributiva: per il lavoratore pari al 2,50%, per il datore di lavoro del 7,10%, tutto applicato sull’80% dello stipendio
Non solo,
con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche il computo dei trattamenti di fine servizio andava effettuato secondo le regole del Tfr. Questo voleva dire che i lavoratori avrebbero dovuto versare non più il contributo del 2,50% bensì il 6,91%, così come è regolato dal Tfr
Di conseguenza, il lavoratore pubblico si è visto trattenere una quota pari al 2,5% e una nuova del 6,91% della nuova disciplina introdotta. Per evitare questa incongruenza, la Corte Costituzionale ha giudicato incostituzionale questa sottrazione perché, a parere dell’alta magistratura, queste due voci non si potevano sommare.
Per la CGIL, le risorse sottratte sono notevoli
Bisogna considerare che mediamente il contributo del 2,50% vale 30/35 euro al mese. Non averlo versato avrebbe significato avere un corrispondente reddito netto di circa 22 euro in più al mese, a fronte però della perdita delle future agevolazioni fiscali prima previste
Per sanare questa situazione gli enti previdenziali, Inps ed ex Inpdap, sono chiamati a restituire quanto versato negli anni 2011 e 2012 per un valore complessivamente stimabile fino a 3,8 miliardi di euro, sui circa 3 milioni e 400 mila dipendenti (a data 2010).