La domanda del nostro post è provocatoria, ma non troppo: serve studiare per trovare lavoro? Gli anni passati all’Università sono compensati con un posto migliore, e dal miglior stipendio? A leggere quanto emerge dal rapporto Isfol “Le competenze per l’occupazione e la crescita”, presentato a Roma pochi giorni fa, ed evidenziante la dinamica del mercato del lavoro e dei sistemi scolastici e formativi, la risposta non è così scontata come sembra.
Secondo il report, infatti, chi ha trascorso molti anni all’Università rischia di avere maggiori difficoltà a trovare un impiego, e una busta paga più leggera rispetto a chi ha un titolo inferiore. Basta, d’altronde, dare un rapido sguardo alle statistiche sull’andamento dei disoccupati laureati, che in Italia sono aumentati dell’1% negli ultimi quattro anni, contro un decremento dell’1,4% nel mercato tedesco.
Ancora, si può osservare proficuamente il dato sulle retribuzioni dei lavoratori con istruzione terziaria superiore, che nei Paesi Ocse percepiscono mediamente il 50% in più di chi si è fermato prima, contro il 36% dell’Italia.
Ma non solo: a partire dal 2005, evidenzia l’analisi, i premi retributivi legati a un maggiore livello di istruzione calano in media del 4% in Europa, contro un crollo del 10% in Italia e un incremento della stessa misura in Germania. Meglio, comunque, le discipline scientifiche rispetto a quelle umanistiche, dove il surplus di reddito è davvero minimo.
Sul versante formativo, più del 70% degli italiani riesce ad arrivare e superare l’esame di maturità, con due terzi che poi proseguono immediatamente verso l’Università. Di questi, e fino a 24 anni, rimane tuttavia un tasso di dispersione del 18,2%, contro il 13,3% della media comunitaria. Ne consegue che il Paese continua ap resentare un livello di istruzione secondaria piuttosto basso, con un tasso del 56%, contro il 73,2% dell’Unione Europea.