Secondo quanto emerge dall’ultimo rapporto di Business international, che ha intervistato un campione rappresentativo di connazionali alla guida di una propria realtà produttiva, più del 70% ritiene che l’attuale congiuntura avrà effetti di media e di lunga durata sulla propria azienda. Solamente meno del 30% ritiene invece che nel breve termine potrà concretizzarsi una definitiva via di uscita. Ma quali sono le principali criticità lamentate dagli imprenditori italiani? E in che modo gli imprenditori stanno rispondendo all’attuale crisi?
Stando al report di Business international, la maggiore difficoltà riscontrata sarebbe legata a una diminuzione degli ordini e delle vendite, per una percentuale del campione vicina al 62 per cento. A seguire, il mancato pagamento dei crediti vantati nei confronti dei propri clienti, per una proporzione poco sotto il 60 per cento. Stabilita la difficoltà nel reperire le risorse maturate nei confronti dei propri clienti, la via alternativa non può certo esser rappresentata dal credito bancario e dai finanziamenti verso terzi.
Il credit crunch, cioè la stretta delle banche nelle erogazioni di prestiti e mutui, è infatti rappresentata dall’incremento dei costi sui finanziamenti (riscontrato da 4 imprenditori su 10) e dalla difficoltà a poter rispettare i requisiti di merito creditizio imposti dalle nuove politiche degli istituti di credito (39 per cento).
Ma non solo: gli imprenditori lamentano infatti anche un sostegno statale deciso, con l’inefficienza della burocrazia che, secondo una rilevante parte del campione, creerebbe ritardi e costi non più sostenibili, mentre il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione aggrava l’emergenza della scarsità di denaro da investire all’interno dello sviluppo della propria azienda.
Ad ogni modo, gli imprenditori non sembrano star con le mani in mano. Il 61% del campione sostiene infatti di ridefinire le nuove strategie del business per contrastare la crisi. Tuttavia, il 22% delle aziende cerca di uscire con la riduzione del personale (ne avevamo parlato: Flessibilità lavoro, sempre più richiesta dalle aziende), e il 17% con la ristrutturazione del debito.