La direttiva comunitaria n. 45 del 1994 ha previsto, per le imprese ed i gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, dei sistemi di confronto e di informazione al fine di tutelare i lavoratori secondo modalità rinviate alla contrattazione collettiva o, in caso di assenza, fissate da una disciplina suppletiva contenuta dalla direttiva stessa.
A questo scopo la direttiva istituisce i comitati aziendali europei (CAE), i quali sono soggetti di informazione e consultazione per le imprese transnazionali e rivestono un importante strumento per la rappresentanza dei lavoratori nelle imprese di dimensioni comunitarie, ancor di più nell’attuale scenario di crisi e di cambiamenti sociali ed economici in atto.
La direttiva n. 45, attuata con il decreto n. 74/2002, è stata poi modificata dalla Direttiva 2009/38CE, approvata nel mese di maggio dello scorso anno.
Le disposizioni contenute nella direttiva sono applicabili alle imprese di dimensioni comunitarie, ovvero alle imprese che utilizzano almeno 1000 lavoratori negli Stati membri e almeno 150 lavoratori per Stato membro in almeno due Stati membri.
Non solo, la direttiva è applicabile anche per il gruppo di imprese e per un gruppo di imprese di dimensione comunitaria. Nel primo caso, il gruppo deve essere costituito da una impresa controllante e dalle imprese da questa controllate, mentre, nel secondo caso, il gruppo di imprese di dimensioni comunitarie è un gruppo di imprese che soddisfa le condizioni seguenti: il gruppo impiega almeno 1000 lavoratori negli Stati membri, almeno due imprese del gruppo si trovano in Stati membri diversi e almeno un’impresa del gruppo impiega non meno di 150 lavoratori in uno Stato membro e un’altra impresa del gruppo impiega non meno di 150 lavoratori in un altro Stato membro.
La direttiva prevede esplicitamente l’istituzione di un CAE o, in alternativa, di una procedura di informazione e di consultazione.
La direttiva è la risposta dell’Unione Europea alla globalizzazione senza regole al fine di ridurre i rischi di dumping sociale conseguente alla delocalizzazione della produzione messa in atto dalle società multinazionali, al fine di operare in paesi dove vi è meno forza sindacale e scarsa difesa dei diritti sociali.
In questo modo, si allarga l’area dei diritti alla rappresentanza e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese su materie fondamentali quali, ad esempio, i licenziamenti collettivi o il diritto alla salute e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Secondo i dati diffusi dalle organizzazioni sindacali, la direttiva riguarda circa 1.800 imprese con un totale di quindici milioni di lavoratori e, per quanto riguarda l’Italia, le imprese con casa madre in Italia sono circa 80.