La pandemia da Covid-19 ha cambiato molte delle nostre abitudini e, tra di esse, anche la tendenza a lavorare di più da casa, fruendo delle possibilità che lo smart working ci ha destinato.
In tal senso, gli effetti sono stati immediati e, probabilmente, saranno durevoli nel tempo. Sia sufficiente pensare – ad esempio – a ciò che sta accadendo al mercato immobiliare, dove si registra un aumento della domanda di abitazioni in periferia o aree semicentrali, contro una flessione della domanda di abitazioni nelle aree centrali. Ma per quali motivi? Come sta cambiando il mercato immobiliare a causa dello smart working?
La ricerca di Tecnocasa
Secondo quanto rivela un recente studio condotto da Tecnocasa, è proprio il ricorso allo smart working l’elemento che sta influenzando maggiormente il mercato immobiliare sia sul fronte delle abitazioni che sul fronte del valore degli edifici. E così, oggi le persone che stanno cercando casa tendono a privilegiare in misura crescente gli spazi esterni e le metrature più ampie, anche per ritagliarsi con maggiore facilità un ambito professionale.
In ogni caso, è evidente un quadro di sofferenza: nel primo semestre del 2020 le aree centrali hanno perso l’1,2%, con le aree semicentrali e periferiche che sono state in grado di attirare più acquirenti grazie ai prezzi più accessibili.
L’analisi decennale
Allargando lo spettro di osservazione, emerge come nel corso degli ultimi 10 anni gli immobili delle zone centrali abbiano perso circa il 13,8% del loro valore, contro il 29,8% delle zone semicentrali e il 34,2% delle zone periferiche.
In ambito territoriale, la migliore performance spetta a Firenze che, agendo in controtendenza, è riuscita a incrementare i propri valori nell’arco temporale considerato del 17,9%, contro il + 12,9% di Milano e il + 1,9% di Verona. Di contro, gli immobili nelle zone periferiche sono stati maggiormente penalizzati a Genova (- 56,5%) e a Bari (- 45,8%).