Quarant’anni fa, il 20 maggio del 1970, venne promulgata la legge 300, meglio conosciuta come lo Statuto dei lavoratori.
La legge 300 rappresenta il punto di arrivo di un percorso pieno di difficoltà partito dal congresso di Napoli. L’allora segretario della CGIL Di Vittorio volle, nel III congresso nazionale del novembre 1952, formulare la richiesta di uno Statuto dei diritti della libertà e della dignità dei lavoratori nell’azienda riassunta in modo preciso dallo slogan “la costituzione nelle fabbriche”.
Di Vittorio motivava la proposta avanzata al congresso con queste parole:
Il lavoratore è un uomo, ha una sua personalità, un suo amor proprio, una sua idea, una sua opinione politica, una sua fede religiosa, e vuole che, questi diritti siano rispettati da tutti e, in primo luogo dal padrone (…) perciò sottoponiamo al Congresso un progetto di ‘Statuto’ che intendiamo proporre, non come testo definitivo, alle altre organizzazioni sindacali (…) per poter discutere con esse e lottare per ottenerne l’accoglimento e il riconoscimento solenne
In sostanza la volontà della CGIL era quella di identificare una piattaforma politica per mobilitare l’intero movimento dei lavoratori.
Il disegno di legge che diverrà effettivamente lo statuto dei lavoratori risale all’anno 1969 dopo un attento esame in una apposita commissione istituita dal ministero del lavoro Brodolini e presieduta da Giugni.
Lo Statuto deve essere inteso come uno strumento che intende impedire che i poteri del datore di lavoro possano essere utilizzati per comprimere i diritti del lavoratore. L’obiettivo di allora, come oggi, era quello di ottenere la salvaguardia dei diritti del lavoratore-cittadino; infatti, il ministro Brodolini intendeva
creare un clima di rispetto della dignità e della libertà umana (…) la disciplina (…) resterebbe incompiuta e forse non rigorosamente applicata, ove l’intervento legislativo non si traducesse altresì in un’azione di sostegno e di promozione dell’attività rappresentativa del sindacato in azienda.
Grazie allo Statuto le esperienze come quelle della OM di Milano e Brescia non possono più ripetersi. Gli anni durissimi della smobilitazione, delle uccisioni degli operai, dei reparti-confino (la OM di Brescia rappresenta un esempio ormai classico), della delegittimazione del sindacato, dei tribunali e della polizia di fabbrica hanno partorito quello che è passato alla storia come la Legge dei lavoratori.
Lo Statuto passò a larga maggioranza con l’astensione del PCI che lamentava limiti nella normativa. A questo proposito possiamo ricordare che la tutela prevista in caso di licenziamento è applicabile solo alle imprese con più di 15 addetti… rimane ancora molto da fare.