Torna l’idea dello Statuto dei lavori tra le proposte per riformare il lavoro e dare impulso alla crescita economica, ma, non solo, anche per dare una risposta forte alla situazione economica del Paese.
Per il sindacato, in realtà, in gioco è l’intera ossatura dello Statuto dei lavoratori approvato nel 1970, ma per il governo questo è uno Statuto rigido, ancorato ai modelli e alle logiche di un passato che non c’è più.
L’idea del governo è quella di cambiare registro e di adeguare il sistema delle tutele alla nuova modernità, ossia è necessario definire e realizzare un sistema di tutele moderne e mobili tali da consentire il pieno sviluppo dell’impresa.
Ricordiamo che la delega approvata dal Parlamento consente al governo di definire lo Statuto dei lavoro che, sulla base della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, permetta di definire un nucleo di diritti universali e indisponibili per tutti i lavoratori dipendenti, compresi i lavoratori a progetto e le monocommittenze. Le tutele non comprese tra i diritti universali potranno altresì essere affidate e rimodulate grazie alla contrattazione collettiva e potranno essere definite nelle aziende e nei territori con intese anche in deroga alle norme di legge e valorizzando il ruolo degli organismi bilaterali.
Diverse critiche a questa proposta giungono dal mondo sindacale, in particolare dalla CGIL, che teme una compressione dei diritti in nome di un principio discutibile; in effetti, invece di estendere i diritti a tutti i lavorarori si distribuisce, al contrario, la precarietà con norme minime per la loro tutela.
Per il governo, la contrattazione collettiva deve tenere conto dell’andamento economico della impresa, del territorio o del settore di riferimento con particolare riguardo alle crisi aziendali e occupazionali, all’avvio di nuove attività, alla realizzazione di significativi investimenti e ai più generali obiettivi di incremento della competitività e di emersione del lavoro nero e irregolare.
Non solo, si deve tenere conto delle caratteristiche e tipologia del datore di lavoro anche con riferimento a parametri dimensionali della impresa non legati al solo numero dei dipendenti e alle caratteristiche del lavoratore con specifico riferimento alla anzianità continuativa di servizio, alla professionalità o alla appartenenza a gruppi svantaggiati.