Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato il decreto del 30 luglio 2010, n. 68 al fine di regolamentare le iniziative a favore del precariato della scuola, sia personale docente ed educativo sia personale ATA, ai fini della convocazione con priorità rispetto alle graduatorie d’istituto.
orario di lavoro
Il lavoro dei minorenni, criteri fondanti
La legge di riferimento che si occupa di disciplinare il lavoro dei minorenni è la n. 977/67 modificata successivamente dal decreto n. 345/99.
Stando a quanto affermato dal legislatore, la tutela prevista dalla legge si applica ai minori dei diciotto anni che hanno un rapporto o un contratto di lavoro, anche speciale, disciplinato dalle norme legislative.
Il legislatore ha inteso chiarire gli ambiti di applicazione; in effetti, è identificato il bambino, ossia il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all’obbligo scolastico, l’adolescente, ovvero il minore di età compresa tra i 15 e i 18 anni di età e che non è più soggetto all’obbligo scolastico.
part-time verticale e trattamento pensionistico
Chiarimenti da parte della Corte Europea di Giustizia sul part-time verticale e sul relativo trattamento pensionistico.
Un’altra stoccata al sistema Italia; infatti, la Corte Europea di Giustizia, con sentenza C-395/08 e C-396/08, ha affermato che la disciplina italiana sul trattamento pensionistico prevista per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico è sfavorita rispetto a quelle concernenti gli altri lavoratori.
La decisione della Corte Europea di Giustizia è il risultato di una causa promossa dal personale di volo di cabina della compagnia aerea Alitalia che lavorano a tempo parziale, secondo la formula denominata tempo parziale di tipo verticale ciclico. Si tratta di una modalità organizzativa in base alla quale il dipendente lavora solamente per alcune settimane o per alcuni mesi all’anno, con orario pieno o ridotto.
Il congedo per i figli obbligatorio anche per papà
Probabili modifiche in arrivo al testo unico sui congedi parentali; in effetti, è stato inserito nell’agenda dei lavori della Commissione Lavoro della Camera l’esame della proposta di legge di iniziativa PDL sulle modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 concernenti il sostegno alla maternità e l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio.
In realtà, oltre alla proposta di legge di iniziativa PDL esistono almeno altre quattro differenti iniziative in questo senso.
L’obiettivo del lavoro in Commissione è di riuscire a produrre un testo unico condivisibile da tutti; in effetti, insieme alla proposta Saltamartini con relatore Moffa del PDL, esistono a anche le proposte di Mosca, Brugger, Caparini, Calabria e Jannone.
Orario di lavoro e interruzione del periodo di riposo
I lavoratori addetti alla manutenzione di impianti e macchinari, con obbligo di reperibilità, che vengano successivamente richiamati in servizio hanno diritto a riposi giornalieri e settimanali che devono decorrere nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa.
Ricordiamo, in base al decreto n. 66 del 2003, che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati, durante la giornata.
L’art. 9 del decreto precisa che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero.
Ministero del Lavoro, fondo per il sostegno del reddito per il personale del credito
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 2010, il Decreto InterMinisteriale 26 aprile 2010, con il Regolamento relativo all’istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione, della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito.
Il decreto stabilisce, nei casi di sospensione temporanea dell’attività di lavoro, la quota dell’assegno ordinario erogato ai lavoratori del settore del credito.
I requisiti per il lavoro notturno
Il D.lgs. n. 66 del 2003 ha recepito le disposizioni contenute nella direttiva 93/104/CE così come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000.
Il decreto intende regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell’orario di lavoro.
Deve considerarsi lavoratore notturno chi svolge, durante il periodo notturno, almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale, o svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.
La divisa e l’orario di lavoro
La questione è sempre attuale e la normativa è abbastanza precisa tanto da non lasciare ombre o fraintendimenti, le sentenze poi emesse dalla Corte di Cassazione ribadiscono questa interpretazione.
Il tempo utilizzato per indossare e togliersi la divisa di lavoro, quanto questa è ritenuta utile dal datore di lavoro per svolgere la sua attività, comporta il diritto al pagamento della retribuzione per tutto il tempo utilizzato perchè l’attività ricade tra le prestazioni lavorative che il dipendente è tenuto a svolgere nell’ambito dell’orario di lavoro.
Su questo punto esistono diverse sentenze della Corte di Cassazione, come la n. 3763/98 e n. 19273/06 o, ancora, la n. 20179 del 22 luglio 2008 che ha confermato il pagamento del tempo utilizzato e la condanna del datore di lavoro che obbligava i propri dipendenti a timbrare l’inizio del turno solo dopo aver indossato la divisa e, al contrario, dovevano timbrare in uscita prima di cambiarsi.
L’orario di lavoro in un cantiere edile
In un precedente articolo avevamo dato evidenza della giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 5775 del 11 aprile 2003 e n. 5701 del 22 marzo 2004) in fatto di orario di lavoro.
Secondo la giurisprudenza il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria allorché sia funzionale rispetto alla prestazione. Inoltre, ha spiegato che sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il lavoratore dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa.
Il computo dell’orario di lavoro, il caso di un cantiere edile
Può succedere, in special modo per i lavoratori di un cantiere edile, di doversi recare in un punto di raccolta stabilito dal datore di lavoro al fine di usufruire dei mezzi aziendali per raggiungere un determinato cantiere. Il punto di raccolta è solitamente la sede legale o il magazzino dell’azienda.
Non sempre però questo succede; infatti, il lavoratore, precisiamo, può anche utilizzare un mezzo proprio per raggiungere il cantiere.
La questione che si pone è semplice: il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro, ovvero il punto di raccolta, deve essere computato nell’orario di lavoro?
Il lavoratore e l’attività di volantinaggio
L’articolo 1 dello Statuto dei lavoratori, legge 300/1970, garantisce a tutti i lavoratori il diritto di manifestare liberamente, anche nei luoghi di lavoro, il proprio pensiero senza distinzioni di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa.
L’attività di volantinaggio organizzata e realizzata anche da un singolo lavoratore all’interno dell’azienda e fuori dal normale orario di lavoro è perfettamente legittima perché rientra tra le tutele introdotte dall’articolo 1 della legge 300/1970.
Infatti, l’articolo 1 vuole ribadire il diritto fondamentale che la Costituzione garantisce ad ogni persona perché sia concretamente rispettata nei luoghi di lavoro e, trattandosi della riaffermazione di un principio fondamentale, si è ritenuto di non accompagnare alla norma il richiamo del rispetto della libertà altrui.
Riforma del lavoro: i cambiamenti principali (prima parte)
La Guida alla Riforma del Lavoro (si tratta di una riforma convertita in legge il 3 marzo dalla Camera) rielaborata dal sole24ore è molto interessante. Per questo, ve la riproponiamo:
– Lavori usuranti (articolo 1).
Delega per la revisione della disciplina pensionistica dei soggetti che svolgono lavori usuranti. La delega deve essere esercitata entro 3 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. In pratica, vengono riaperti i termini della precedente disciplina di delega (non esercitata) in materia. Lo scopo è quello di permettere ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attività e che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1º gennaio 2008, di andare in pensione con un requisito anagrafico ridotto di 3 anni, fermi restando un limite minimo pari a 57 anni di età, il requisito di anzianità contributiva pari a 35 anni e la disciplina relativa alla decorrenza del pensionamento (cosiddette “finestre”). Previsto un meccanismo di priorità nella decorrenza dei trattamenti pensionistici (in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda), qualora, nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio, emergano scostamenti tra il numero di domande accolte e la copertura finanziaria a disposizione.
Parlamento: approvato il Collegato Lavoro
Il Parlamento ha concluso l’iter del Collegato Lavoro (DDL 1167-B) alla manovra finanziaria e il provvedimento dovrebbe essere pubblicato, nei prossimi giorni, sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Collegato Lavoro fornisce al governo riferimenti utili per definire alcune questioni legate al mondo del lavoro attraverso l’istituto della delega.
In sostanza, il governo dovrà emanare una serie di leggi che dovranno disciplinare, secondo quanto riportato nella legge appena approvata dal Senato, alcune questioni che interessano il mondo del lavoro. Ad esempio uno dei provvedimenti più sentiti è la disciplina in tema di lavori usuranti.
Lavoro e salute: lo psicologo e la sindrome da lavoro precario
Il lavoro nel nostro Paese può essere una minaccia per la salute? Ebbene, la risposta purtroppo è positiva visto che, in base ad un’indagine effettuata dall’Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro (Ispesl), nel nostro Paese c’è il 43% dei lavoratori che ha il “mal d’ufficio” pronto a sfociare in molti casi in disturbi sia psicologici, sia fisici. Ma quali sono le cause di questo “mal d’ufficio”? Ebbene nel nostro Paese ci sono lavoratori colpiti da un malessere profondo che può riguardare, ad esempio, i casi di discriminazione e di prepotenza, ma anche gli eccessivi carichi di lavoro. E così lo stress sul posto di lavoro, quasi senza accorgersene molto spesso, si trasforma in insonnia, disturbi gastrointestinali e addirittura depressione. Quello di garantire la salute del lavoratore in ufficio è un grosso problema che non è solo tipicamente italiano; secondo quanto dichiarato da Giampaolo Landi di Chiavenna, assessore alla salute del Comune di Milano, in Europa ci sono ben 40 milioni di lavoratori colpiti dal mal d’ufficio, con la conseguenza che ai rischi per la salute si aggiungono anche ore di lavoro perse per malattia che vanno ad incidere sulla collettività.