Il testo di riforma delle professioni è stato esaminato dal Consiglio di Stato che, seppur in grado di fornire un parere positivo sullo stesso testo, ha indicato alcune modifiche necessarie. Cerchiamo pertanto di comprendere quali siano state le decisioni dei giudici di Palazzo Spada, e come potrebbe cambiare la riforma delle professioni 2012, in grado di rivoluzionare l’approccio all’esercizio delle libere professioni da parte di decine di migliaia di italiani.
riforma 2012
Licenziamenti discriminatori con la riforma del lavoro
Abbiamo visto, qualche ora fa, cosa cambia con la riforma del lavoro per quanto concerne i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, e quelli privi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo. Abbiamo altresì notato come le variazioni più sostanziali introdotte con la riforma Fornero riguardino esclusivamente le imprese con più di 15 dipendenti, mentre nulla varia per quanto concerne le imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permangono le tutele oggi previste, e rappresentate principalmente dal risarcimento compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.
Passiamo ora a comprendere in che modo cambia la flessibilità in uscita per i c.d. licenziamenti discriminatori, la cui nuova disciplina si applica, in maniera similare, anche ai licenziamenti comminati alle lavoratrici nei periodi di interdizione per matrimonio o per maternità, nonché ai licenziamenti determinati da motivo illeciti o nulli per altre cause.
Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nella riforma
Proseguiamo il nostro viaggio nella flessibilità in uscita – così come modificata dalla riforma Fornero – con i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, o licenziamenti “oggettivi o economici”. Si tratta, in evidenza, di una fattispecie significativamente differente a quella vista poco fa, relativa ai licenziamenti individuali, e che riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro effettuate a causa di difficoltà economiche aziendali.
Anche in questo caso, la disciplina muta sostanzialmente per le imprese di maggiori dimensioni (quelle con più di 15 dipendenti), rimanendo invece sostanzialmente invarata nei confronti delle imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permane l’attuale forma di tutela: il giudice potrà infatti disporre un risarcimento in capo al lavoratore, compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.