A Milano chi si mette in proprio aprendo una nuova impresa ha oramai sempre più spesso un nome straniero; se infatti i nomi di Marco e Giuseppe nel capoluogo lombardo sono quelli che svettano a livello imprenditoriale, ci sono però settori dove si fanno strada i nomi stranieri, a partire, tra i ristoranti, dal “signor Hu”. A metterlo in evidenza è la Camera di Commercio di Milano in accordo con un’elaborazione effettuata dal Lab MiM dell’Ente camerale su dati del registro delle imprese aggiornati allo scorso mese di marzo. Il Rapporto, tra l’altro, rivela come, considerando le nuove imprese aperte negli ultimi cinque anni, per la prima volta salga sul podio un nome straniero. E’ quello del “signor Mohamed“, al terzo posto in assoluto, che negli ultimi cinque anni è associato all’apertura nel milanese di ben 859 imprese; al primo posto tra le imprese, sotto forma di ditta individuale, c’è invece come accennato il “signor Giuseppe” con 1.046 ditte ed il “signor Marco” con 978, mentre tra le donne a svettare è la “signora Maria“.
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Lavorare nel Club Eurostar: solo per donne giovani e belle
I viaggiatori di Trenitalia che sono in possesso della Cartafreccia Oro e Platino, nell’attesa che parta il treno possono accedere in stazione, dove presente, ad una saletta riservata, confortevole, con tanto di area self service per consumare liberamente bevande, caffè e snack. Trattasi, nello specifico, dei cosiddetti “Freccia Club Eurostar“, dei veri e propri salottini dove ad accoglierci possiamo trovare personale non solo qualificato, ma anche ben “selezionato”, fin troppo. A quanto pare, infatti, le FS per il servizio di accoglienza in queste aree riservate adottano una politica che appare discriminatoria, visto che, innanzitutto, gli uomini sono stati “messi al bando”; Trenitalia ha infatti scelto le donne, ma con la “credenziale” che siano giovani e belle. Solo rispettando questi requisiti si hanno a quanto pare delle chance per lavorare nel Club Eurostar, al punto che la questione rischia di diventare un vero e proprio caso nazionale con risvolti di natura discriminatoria che ora dovranno essere dimostrati.
Occupazione femminile: bassa crescita nelle regioni meridionali
In Italia l’occupazione femminile negli ultimi anni è aumentata, ma ciò nonostante il nostro Paese rimane agli ultimi posti in Europa; inoltre, la crescita del lavoro femminile non è omogenea su tutto il territorio nazionale, ma presenta livelli di espansione elevati al Nord e nel Centro Italia, mentre al Sud le donne continuano a fatica a trovare un’occupazione. Nel dettaglio, dal 1993 e fino allo scorso anno, l’occupazione femminile è aumentata di quasi 1,8 milioni di unità, ma per ogni dieci donne occupate solo una è una lavoratrice del Sud. A mettere in evidenza questa criticità, durante una audizione in Commissione lavoro al Senato, è stato il direttore centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini, a conferma di come la donna nel nostro Paese, oltre a subire spesso delle discriminazioni, risulta essere altresì svantaggiata a livello territoriale.
Lavoro uomini e donne: parità in Italia solo nel 2033
Negli Stati Uniti è stata raggiunta quest’anno sul mercato del lavoro la parità tra uomo e donna; negli States, infatti, per ogni due occupati uno è donna e l’altro è uomo, mentre in Italia il divario è ancora ampio anche se si sta lentamente restringendo. Ad affermarlo è la Federazione nazionale dei dirigenti e dei quadri professionali, Manageritalia, la quale sottolinea come nel nostro Paese, alla fine dello scorso anno, sul totale della forza lavoro complessiva solamente il 40,7% era costituito dalle donne. In Italia il raggiungimento della parità tra uomo e donna sul mercato del lavoro rappresenta un obiettivo difficile da raggiungere; ci vorrà infatti molto tempo visto che, a differenza di tanti altri Paesi industrializzati è più difficile per la donna conciliare il lavoro con la cura della famiglia anche perché mancano, o sono carenti, strumenti adeguati in grado di permettere al lavoro femminile di esprimersi al meglio e di dare quel contributo determinante in una società dove, tra l’altro, regnano ancora, purtroppo, le discriminazioni.
Lavoro Piemonte: forte crescita del tasso di disoccupazione
Il 2009 in Piemonte è stato un anno da dimenticare dal fronte occupazionale. Nel periodo gennaio-settembre 2009, rispetto agli stessi mesi del 2008, in Piemonte le persone in cerca di un’occupazione sono passate da 94.000 unità a ben 130.000 unità, corrispondenti ad un rialzo che sfiora il 40%. Il dato, fornito dall’Osservatorio regionale, conferma come il 2009 in Piemonte sia stato in tutto e per tutto l’anno della grande crisi; a crescere sul territorio, non a caso, sono state solamente le forme di lavoro precarie e marginali, dal lavoro intermittente a quello di natura occasionale, mentre per le altre forme di lavoro decisamente più stabili gli indicatori sono tutti in rosso. E così, al settembre 2009 in Piemonte il tasso di disoccupazione è balzato dal 4,8% del settembre 2008 al 6,5% del settembre 2009, ovverosia su valori ben oltre la media del Settentrione dove si registra un tasso di disoccupazione al 5,1%.
Master e formazione ambientale: lavoro sicuro e di alto profilo
In tutto il mondo, compresa l’Italia, si sta sviluppando a ritmi esponenziali il cosiddetto “mercato verde“, ovverosia quello che assorbe a livello occupazionale figure professionali specializzate nel settore dell’ambiente, della tutela del territorio e del risparmio energetico. Trattasi dei cosiddetti “green jobs” che, a detta di molti, rappresentano le professioni del futuro ed un volano per una crescita sostenibile dell’economia mondiale. Non a caso, in Italia l’Isfol, Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori, ha condotto un’indagine sulle “professioni ecologiche”, rilevando come i master e la formazione in questo settore, ovverosia quello ambientale, permettano, in otto casi su dieci, di trovare lavoro dopo appena un anno. Rispetto ad altre tipologie di master, chi lo ha concluso, ed ha trovato lavoro sul “mercato verde“, si è “sistemato”, nell’80% dei casi, nell’arco di sei mesi e con un’occupazione di alto profilo.
Tasso di occupazione femminile: al Sud crolla al 35%
Nel Sud Italia solamente il 35% delle donne in età lavorativa è occupato. A mettere in evidenza questo dato allarmante è stato il segretario confederale della Cisl Liliana Ocmin, che ha proposto l’apertura di un tavolo promosso dal Ministero del Lavoro, in presenza di tutti i soggetti coinvolti, al fine di valorizzare il lavoro femminile. La situazione, tra l’altro, non è rosea neanche su scala nazionale: in Italia, infatti, solamente il 46% delle donne in età lavorativa è occupato, il che significa che ci sono ben sette milioni di donne che sono escluse dal mercato del lavoro in una fase congiunturale che è molto difficile, e che vede spesso il coniuge disoccupato, inoccupato o in cassa integrazione con tutto quel che ne consegue sul mantenimento di uno stile di vita familiare dignitoso. D’altronde i sette milioni di donne fuori dal mercato del lavoro non hanno di certo tutte scelto di occuparsi solamente della cura della casa; molte di queste, infatti, specie al Sud, risentono delle scarse opportunità occupazionali unitamente alle difficoltà legate al poter conciliare il lavoro con la famiglia.
Lavoro Italia: un disoccupato su due è di lunga durata
Nel 2008 in Italia il tasso di attività, prendendo a riferimento la popolazione di età compresa tra i 15 ed i 64 anni, era pari al 63%, ben al di sotto della media nell’Unione Europea pari al 70,9%. A rilevarlo è l’Istat, Istituto Nazionale di Statistica nel Rapporto “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo“, da cui è altresì emerso come l’Italia in merito al tasso di attività della popolazione sia quart’ultima nell’Europa a 27 Paesi, e come la crisi abbia lasciato il segno proprio dal fronte occupazionale. Nel 2008, anno preso a riferimento dall’Istat nel suo Rapporto, nel nostro Paese solamente il 58,7% della popolazione, di età compresa nella fascia dei 15-64 anni, aveva un’occupazione; ma se entriamo più nel dettaglio l’Istituto ha constatato come nel nostro Paese ci siano delle forti “differenze di genere“. La percentuale del 58,7%, infatti, è il frutto di un tasso di occupazione del 70,3% per gli uomini appartenenti alla fascia d’età citata, e solo del 47,2% per le donne.
Giovani e lavoro: come e perché si decide di andare via di casa
Molto spesso i componenti del nucleo familiare, ed in particolare i figli, decidono di andare via da casa per lavoro, ma non è questo l’unico “stimolo” che influisce sul bisogno, più o meno “forzato”, di autonomia. Al riguardo, l’Istat, Istituto Nazionale di Statistica, ha condotto un’indagine, da cui è infatti emerso che nel 2007 il 43,5% dei giovani occupati non ha lasciato la casa dei genitori per motivi di lavoro, ma semplicemente per il fatto di sposarsi. Ma anche senza il vincolo di matrimonio il 15,1% dei giovani occupati ha lasciato la casa d’origine per instaurare una convivenza con il proprio partner, con una percentuale che balza al 19,2% per i giovani con un’età inferiore ai 30 anni. Il bisogno di autonomia, indipendentemente dal motivo per cui ciò accade, è più elevato negli uomini in ragione del 34,5%, mentre la percentuale è meno della metà per le donne con un “modesto” 15%. Interessante è anche il dato sulle motivazioni che spingono le donne al bisogno di autonomia; in sei casi su dieci, infatti, il motivo non è lavorativo, ma quello legato al fatto di convolare a nozze con il proprio partner.
Provincia di Bolzano: sette lavoratori su dieci occupati nel terziario
In Provincia di Bolzano quasi sette lavoratori su dieci, per l’esattezza il 67,9%, sono occupati nel settore del terziario; è questo uno dei dati resi noti dall’Astat, Istituto provinciale di statistica nel bollettino numero 46 del 23.12.2009 relativamente all’andamento dell’occupazione nel 3° trimestre 2009. I dati rilasciati dall’Astat, in particolare sul livello di disoccupazione, fanno invidia non solo alle Regioni del Sud, ma all’intero dato sui senza lavoro in Italia. L’Istituto provinciale, infatti, ha rilevato che anche nel terzo trimestre di quest’anno il tasso di disoccupazione è rimasto basso; per tasso di disoccupazione deve intendersi il rapporto tra quelle persone che cercano lavoro ed il totale delle forze lavorative. Ebbene, nel terzo quarto di quest’anno il valore medio si è attestato al 2,4%, con una percentuale di disoccupazione sopra la media per le donne, con un 3%, e sotto la media per gli uomini con il 2%.
Professione casalingo: un vero e proprio esercito
Se è vero che esistono alcune professioni tipicamente femminili è altrettanto corretto affermare che si sta assistendo ad un progressivo aumento di uomini che si dedica a lavori orginariamente svolti da donne. Di cosa stiamo parlando? Della professione di casalingo: l’uomo che per scelta o per dovere si prende cura della casa. Secondo i dati dell’Istat nel 2008 in Italia, su un totale di oltre 8 milioni di casalinghe/i, gli uomini sono 49mila. Sempre nel 2008 l’Inail ha assicurato 24.259 uomini; il dato si riferisce alla fascia di uomini di età 18-65 anni e che svolgono lavoro gratuito e non occasionale finalizzato alle cure familiari e domestiche. E’ proprio il caso di dire che in tempi di recessione e crisi i maschi sembrano davvero adeguarsi.
Uomini vs donne: i primi guadagnano di più
Parliamo di nuovo di uomo e donna in ambito lavorativo. Dai risultati di uno studio Ocse sull’istruzione è emerso che un uomo in Italia con una laurea può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322 mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136 mila dollari. Il valore netto della laurea al netto di tutte le tasse è di 173mila dollari per l’uomo e di soli 25mila per la donna.