Licenziare un dipendente costa di più. Per lasciare al proprio domicilio un lavoratore, infatti, il datore dovrà oggi pagare una tassa (ticket) di importo variabile, compreso tra un minimo di 459 euro e un massimo di 1.377 euro. Ad affermarlo è la recente legge di stabilità, che se da una parte ha abbassato la misura della nuova tassa di licenziamento introdotta dalla riforma Fornero dal 50 al 41 per cento, dall’altra parte ha innalzato la base di calcolo, correlandola non tanto all’indennità Aspi spettante al lavoratore quanto al suo massimale, che nel 2013 sarà pari a 1.119 euro.
Più cari saranno inoltre i licenziamenti collettivi, per i quali è previsto il pagamento del ticket, ma in misura triplicata e comunque a decorrere dal 2017. In queste ipotesi bisognerà quindi pagare da un minimo di 1.377 a un massimo di 4.131 euro. “A conti fatti” – osservava Daniele Cirioli su Italia Oggi del 24 dicembre scorso – “la novità eleva il ticket con riferimento ai licenziamenti dei lavoratori retribuiti fino a 1.310 euro; per i licenziamenti di lavoratori retribuiti oltre quella somma invece, la misura è la stessa prima e dopo delle modifiche della legge di stabilità“.
Le innovazioni riguarda inoltre anche gli apprendisti, visto e considerato che la nuova tassa è finalizzata proprio a finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali attraverso un contributo a carico delle imprese nella stessa misura pagata oggi (1,31%), più un’aliquota aggiuntiva sui rapporti a termine (1,4%), più quest’ulteriore contributo, analogo all’una tantum oggi pagata per l’accesso alla mobilità.
“Tuttavia” – conclude Cirioli – “mentre oggi il contributo straordinario colpisce soltanto le aziende in crisi e di certe dimensioni, dal prossimo anno il ticket di licenziamento si applicherà a tutti i datori di lavoro, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, ivi incluso il recesso del datore di lavoro al termine dell’apprendistato“.