Secondo i dati diffusi dalla CGIA di Mestre il peso dei contributi previdenziali e le imposte pesano per non meno del 50% sull’ammontare complessivo: un operaio occupato nell’industria con uno stipendio mensile netto di 1.226 euro costa al suo titolare ben 2.241 euro. Questo ultimo importo è dato dalla somma della retribuzione lorda (1.672 euro) e dal prelievo a carico del datore di lavoro (pari a circa 568 euro).
La CGIA di Mestre ha anche analizzato il peso fiscale e previdenziale di un ipotetico impiegato che lavora in un’ azienda industriale con un stipendio netto mensili di circa 1.620 euro, ma al suo datore di lavoro costa ben 3.050 euro. Questa cifra è data dalla somma tra la retribuzione lorda (2.312 euro) ed il prelievo a carico del suo titolare (738 euro).
I dati diffusi dall’Istat sulle retribuzioni contrattuali tracciano poi un solco inquietante: le retribuzioni contrattuali orarie a marzo restano ferme su febbraio e salgono dell’1,2% su base annua con una crescita tendenziale è la più bassa almeno dal 1983, ovvero dall’inizio delle serie storiche ricostruite, 29 anni fa. I dati dell’Istat confermano la situazione precaria delle famiglie italiane.
Nel primo trimestre del 2012 la retribuzione risulta così cresciuta solo dell’1,3% rispetto al corrispondente periodo del 2011.
Giuseppe Bortolussi, il segratario della CGIA di Mestre, alla luce di questi dati osserva che
Pur riconoscendo che dobbiamo potenziare la qualità della nostra organizzazione produttiva, non sono del tutto convinto che le aziende debbano produrre meglio e di più. Il problema è che i consumi interni sono troppo bassi. La crisi è molto pesante, soprattutto dal punto di vista occupazionale, anche perché continuano a calare i consumi. Meno si consuma, più si sta a casa. Più si sta a casa, meno si consuma. Dobbiamo scardinare questo circolo vizioso per scongiurare di scivolare dentro una fase depressiva
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