Un aggiornamento sulla disciplina del trattamento di fine rapporto (TFR) si rende necessario per conoscere le nuove regole sul calcolo, sulla gestione degli accantonamenti, sulla convenienza di lasciarlo in azienda e quando, sulla possibile richiesta di anticipi. Vari, quindi, i punti da chiarire sul TFR che, come sappiamo, è disciplinato dall’articolo 2120 del codice civile.
Proprio in base all’articolo citato, in qualunque caso di cessazione di rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto a un indennizzo, appunto ad un trattamento di fine rapporto (TFR), che in parole povere è un risparmio obbligatorio che il datore di lavoro opera mensilmente per conto del lavoratore.
Vediamo come si effettua il calcolo. Poiché il TFR matura ogni anno, l’accantonamento è ottenuto sommando per ogni anno di servizio un importo non superiore a quello della retribuzione dovuta per l’anno stesso diviso per 13,5. Ogni anno, la somma accantonata sarà rivalutata dell’1,5% su un valore pari al 75% dell’aumento Istat rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Dal 1° gennaio 2007 il trattamento di fine rapporto (TFR) può diventare una modalità di finanziamento delle forme di previdenza complementare. Infatti, il lavoratore privato ha sei mesi di tempo dal momento dell’assunzione per scegliere la destinazione del TFR, ma può anche mantenere il TFR presso il datore di lavoro, con la possibilità però di revocare la scelta in qualunque momento.
Se entro sei mesi il lavoratore non comunica nessuna scelta, alla scadenza dei sei mesi scatta il silenzio-assenso e il datore di lavoro provvederà a trasferire il TFR alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o dai contratti collettivi, salvo accordo aziendale che prevede la destinazione del TFR ad una forma collettiva tra quelle previste dalla legge 243 del 23 agosto 2004, articolo 1, comma 2. In ogni caso il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare l’accordo al lavoratore.
Se in azienda sono presenti varie forme pensionistiche, il trattamento di fine rapporto (TFR) viene trasferito a quella cui ha aderito la maggior parte dei lavoratori dell’azienda. Nel caso non si possa applicare nessuna di queste formule, il datore di lavoro deve trasferire il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’Inps.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire al lavoratore tutte le informazioni sulle possibili opzioni prima dei sei mesi che il lavoratore ha a disposizione per scegliere l’opzione a lui più confacente. Inoltre, trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi dovrà consegnare al lavoratore che non ha effettuato una scelta le necessarie informazioni sulla forma pensionistica complementare alla quale viene trasferito il TFR maturando.
PRECISAZIONI
Per il calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR) la retribuzione di riferimento è formata da tutti gli elementi retributivi di natura tipica, normale e ripetitiva nel rapporto di lavoro minimo contrattuale, aumenti periodici di anzianità , superminimi, indennità di maneggio denaro, maggiorazione turni, straordinario fisso ripetitivo, premi presenza, valori convenzionali mensa, indennità per disagiata sede, importi forfettari, cottimo, provvigioni, premi e partecipazioni, prestazioni retributive in natura, altre somme riconosciute e corrisposte a titolo non occasionale esclusi i rimborsi spese, escludendo le somme erogate a titolo occasionale. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi.
APPROFONDIMENTI
*Trattamento fine rapporto: scelta di assegnazione Tfr per i contratti inferiori a 6 mesi
*Tfr: previdenza integrativa, Fondo contratto collettivo o FondInps. Opzioni da valutare
*Tfr: quote di trattamento di fine rapporto presso il datore di lavoro
*Scelta destinazione TFR